Coccarde Tricolori - Speciale 8 - MB 326 - R.N. Publishing S.a.s. -ISBN 9788895011141

326Presentiamo Coccarde Tricolori - Speciale -Vol. 8 dedicato all'Aermacchi MB 326

 Recensione di Gabriele Luciani

L’Aermacchi MB-326 è stato un velivolo caratterizzato da un successo rimasto ad oggi ineguagliato, non solo per aver svolto egregiamente per venti anni il suo ruolo di addestratore nell’A.M.I. ma anche per via delle decine di esemplari acquisiti da diverse aeronautiche straniere , senza quasi alcun supporto nella vendita in favore della ditta costruttrice da parte dei governi italiani. Concepito agli inizi degli anni 50 dall’ingegnere Ermanno Bazzocchi che intendeva realizzare un moderno addestratore per le esigenze dell’A.M.I., il 326 fece il suo primo volo il 10.12.1957: già in fase di progettazione il ministero della Difesa italiano dimostrò un forte interesse per il velivolo della Aermacchi, arrivando al contratto per lo sviluppo dei due prototipi del velivolo nell’aprile del 1956. Il monoreattore varesino , malgrado la perdita del primo prototipo nel corso di una dimostrazione in Egitto, si dimostrò subito un ottimo aereo e dopo l’ordine nel dicembre 1958 di quindici esemplari di preserie, l’A.M.I. ne acquistò successivamente ben 122 esemplari. La storia dell’MB-326 nelle file dell’aviazione militare nazionale è nota: con il 326 si inaugurò la filosofia dell’iter formativo dei piloti militari italiani che prevedeva all’epoca e sin da subito l’utilizzazione dei velivoli a reazione. Inizialmente la maggior parte di questi addestratori venne basata a Galatina presso il reparto formativo che allora venne ridenominato Scuola Volo Basico Iniziale Aviogetti il 15.1.1962; sugli MB-326 conseguirono il brevetto di pilota militare generazioni di piloti italiani, provenienti sia dall’Accademia Aeronautica sia dai ruoli di complemento, sino all’avvento del successore , sempre un aereo Aermacchi, ovvero l’MB-339, arrivato nel Salento a partire dal 1982. Negli anni settanta era frequente vedere pattuglioni di quattro se non addirittura sei MB-326 che sorvolavano in formazioni compatte tutto il Salento, compresi Lecce, lo splendido capoluogo di provincia, e le incantevoli spiagge adriatiche e salentine…Ma anche a terra, sulla pista di Galatina limitrofa agli hangars e alla palazzina comando , l’allineamento di decine di MB.326 costituiva una lunghissima ed ininterrotta fila arancione, uno spettacolo che solo a metà anni 80 cessò di … andare in scena con il progressivo passaggio alle squadriglie di collegamento dei vari reparti dell’A.M.I. degli ex addestratori ; anche in questo ruolo svolse un duraturo servizio (come noto però funestato il 6.12.1990 da un gravissimo e tragico incidente a Casalecchio di Reno) e solo nel settembre del 1995 ci fu la radiazione da parte dell’ultimo 326 italiano. Pochi sanno inoltre che la Alitalia nel 1963 costituì a Brindisi una propria scuola volo con quattro 326D dipinti come gli altri aerei della compagnia, un esperimento che però si concluse quattro anni dopo per via dei costi che la stessa Alitalia non poteva sostenere e versò quindi i tre MB326 superstiti all’A.M.I.. Fin da subito il velivolo della Aermacchi suscitò l’interesse di diverse aeronautiche straniere, a cominciare da quella Tunisina, un interesse che in alcune nazioni (come Australia, Brasile e Sud Africa) si concretizzò poi addirittura in una licenza di produzione da parte delle imprese locali che arrivarono a realizzare anche centinaia di esemplari. Questi successi commerciali furono tanto più ragguardevoli se si considera che molti stati acquirenti del 326 erano ex colonie di altri paesi europei che fino ai primi anni sessanta non avevano avuto alcun rapporto commerciale con l’Italia e molto spesso le offerte degli altri addestratori coevi erano supportate dai rispettivi governi…Ciò malgrado, il velivolo della Aermacchi ebbe una ragguardevole diffusione, cui si aggiunse quella minore delle sue versioni monoposto : alla fine degli anni 60 si era sviluppato il concetto che anche un velivolo da addestramento a reazione poteva essere utilizzato anche quale economico assaltatore leggero e sotto le ali di molti addestratori trovavano sempre più posto i travetti porta armamento di lancio e di caduta (ad esempio nel giugno 1967 i Fouga Magister israeliani vennero usati anche loro per martellare le truppe egiziane nel Sinai) per non parlare di velivoli come il franco-tedesco Alpha Jet che venivano fin da subito concepito per la doppia esigenza di addestratore-assaltatore. Fu solo con la guerra delle Falklands –Malvinas che il concetto di assaltatore leggero dimostrò i suoi limiti se usato contro truppe ben armate ed addestrate ma in precedenza in molti conflitti del cosi detto terzo mondo ci fu spazio per questa categoria di velivoli che nel 326K trovò un validissimo rappresentante. Bloccato in patria dal G.91Y che fu adottato solo dall’A.M.I. e in un numero limitato di esemplari, la versione monoposto del 326, spesso solo per… “motivazioni” non strettamente militari, non conseguì tutti i risultati che avrebbe potuto ottenere ma contribuì egregiamente anche lui al successo di questo velivolo dell’Aermacchi . Il 326 nelle sue varie versioni che fu costruito in un totale di ben 726 esemplari (349 dalla Aermacchi, i restanti dal Sud Africa, 191, dall’Australia, 76, dal Brasile 146) alcuni dei quali hanno volato sino alla metà degli anni 2000 in aviazioni militari mentre altri sono tuttora usati da molti operatori civili, uno dei quali in Italia (Vola Fenice) che oltre ad uno splendido biposto ha recuperato anche un K .

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Avendo una storia così importante alle spalle, era quasi scontato che il 326, doveva suscitare interesse in molti autori che hanno dedicato negli anni 70 ed 80 le proprie attenzioni al medesimo addestratore con articoli e qualche pubblicazione in po’ più consistente, ma , in anni più recenti con la eccezione della monografia n. 13 a firma di Giorgio Apostolo della serie Ali d’Italia (fra l’altro unico velivolo moderno presente in questa serie), non c’è stato più nulla. Riccardo Niccoli che ha affiancato al suo ottimo annuario Coccarde Tricolori, una altrettanto notevole linea di monografie sui velivoli moderni in servizio con l’A.M.I. dalla metà degli anni 60 ad oggi, copre oggi questa lacuna con lo Speciale n. 8 edito a fine 2018. Questa pubblicazione è un degno tributo al velivolo progettato dall’Ing. Bazzocchi: 160 pagine con una massa di dati tecnico e storici che, insieme al solito consistente corredo di foto quasi tutte a colori e sempre di ottima qualità, forniscono un quadro completo dello sviluppo e dell’impiego del 326 in Italia ed all’estero.

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La monografia è aperta dalla prefazione dell’ingegnere Giulio Cesare Valdono (che ha rivestito importanti ruoli tecnici nella Aermacchi dal 1961 al 1991) : ho il piacere di evidenziare che in questo suo intervento il medesimo ingegnere parlando della situazione dei produttori aeronautici italiani della fine degli anni 50 riferisce di una “industria ancora semi artigianale”, confermando così implicitamente quanto dico oramai da tempo quando definisco come frutto di un “artigianato industriale” le realizzazioni delle ditte nazionali degli anni 30-40…La prima metà della monografia è dedicata alla descrizione analitica dello sviluppo del 326, del suo impiego presso l’A.M.I. con le interessanti testimonianze di ufficiali italiani che a suo tempo si sono addestrati ed hanno addestrato sul monoreattore varesino, che hanno sperimentato la versione monoposto e che hanno operato al supporto logistico dello stesso.

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Dalle parole di questi aviatori non si constatano soltanto le rimembranze giovanili dell’inizio della propria carriera, ma anche e soprattutto la validità tecnica e formativa del 326. La monografia di Riccardo Niccoli continua con una galleria di foto di ben venti pagine di 326 militari italiani che, eccettuati i due K della Sperimentale con la mimetica statunitense per teatri del sud-est asiatico, sono sempre stati in un uniforme Arancione lucido n. 21 ; nei primi venti anni del loro impiego hanno svolto esclusivamente il loro servizio presso la S.V.B.I.A. di Galatina, anche se alcuni esemplari erano in carico alla Scuola Centrale Istruttori Volo di Grottaglie ma sempre con codici di linea identici a quelli galatinesi, cambiano solo lo stemma di reparto; con la distribuzione alle squadriglie di collegamento iniziato nel corso degli anni 80 , subentrano i nuovi stemmi dei vari reparti e spesso anche i codici di linea dei medesimi o anche di tipo inconsueto. Le foto offerte dalla monografia sono un quadro completo dei vari reparti italiani e l’unica lacuna che si può evidenziare è la mancanza di una foto di un 326 della S.V.B.I.A. con i pod mitragliatrice subalari …

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Subito dopo la monografia si interessa alle produzioni su licenza e all’impiego presso le aviazioni straniere: interessante la descrizione dell’uso, a partire dal 1978, da parte dei sudafricani degli MB. 326K (denominati Impala Mk.II) contro cubani, russi ed angolani che operavano in Namibia nel corso di una guerra durata dal 1966 al 1989, azioni che comportarono la perdita di sei velivoli ma che registrarono l’abbattimento di sei elicotteri russi da parte degli stessi Impala Mk.II. Altre utilizzazioni in guerra furono quella da parte dei 326 della aviazione di marina argentina usati per voli di sorveglianza sui cieli delle basi continentali durante il conflitto con gli inglesi nel 1982 per il possesso delle Falklands-Malvinas, nonché quella dell’aviazione zairese nel 1977-78 contro le infiltrazioni catanghesi. Singolare ancora l’uso da parte del Paraguay dei suoi 326GB di produzione brasiliana in missioni di bombardamento contro i trafficanti di droga e i loro campi di produzione.

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Conclude il testo la descrizione dell’impiego da parte di operatori civili, le sei pagine di profili del noto disegnatore maltese Richard J. Caruana, il close up basato sui due esemplari (un biposto e un K) recuperati da Vola Fenicia , l’elenco dei velivoli. (con numeri di linea, MM, date di consegna e radiazione) prodotti per l’A.M.I , in Sud Africa, Australia e Brasile. Difficilmente si sarebbe potuto fare meglio , anche se come in tutte le precedenti monografie della serie Coccarde Tricolori Speciale, manca un trittico in scala del velivolo trattato: la destinazione principale infatti per l’editore non è quella degli appassionati di modellismo statico ma è indubbio che i più interessati alla monografia in questione saranno proprio gli stessi modellisti che con lo speciale n. 8 potranno soddisfare molte se non tutte le esigenze di ricerca propedeutiche alla realizzazione in scala di un 326, italiano o straniero. Un ottimo prodotto quindi caratterizzato da un eccellente rapporto prezzo/qualità : ulteriori informazioni sullo stesso e sugli altri prodotti editoriali della RN Publishing sul suo sito  http://www.rnpublishing.com/ .

Gabriele Luciani

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