Savoia Marchetti SM.89 MM. 533, 173°Sq. Regia Aeronautica, Cerveteri, Aprile 1943 da kit Italiankits, scala 1/72

SM.89L'unico velivolo italiano sviluppato negli anni quaranta in grado di portare in volo ancora con prestazioni accettabili, un armamento pesante, fu il bimotore Savoia Marchetti SM.89, rimasto però allo stato di prototipo per via dell'armistizio del settembre 1943: con il kit in resina di Italiankits (ditta da poco ritornata sul mercato con altra gestione) , è possibile riprodurlo in 1/72

Testo foto e modello di Gabriele Luciani

A causa delle indecisioni dei vertici della Regia Aeronautica  e delle asfittiche capacità delle ditte aeronautiche italiane dell’epoca che fra l'altro non furono mai in grado di realizzare un valido propulsore , per tutto il corso della seconda guerra mondiale l'aviazione italiana non ebbe in dotazione  in numero elevato, un buon bimotore da utilizzare come caccia pesante e a lungo raggio. Come bene evidenzia l'ing. Giulio Cesare Valdonio a pag. 462 della sua Opera "Frecce e saette, folgori e veltri : storia critica dei caccia italiani della Seconda guerra mondiale" (Roma : Edizioni Rivista Aeronautica, 2019)  anche nel caso dei bimotori da caccia da parte costruttori italiani dell'epoca vi fu "quasi sempre uno studio superficiale ed una sistematica sottovalutazione dei problemi, con soluzioni spesso irrealizabili o velleitarie che tradivano l'impreparazione dei progettisti e soprattutto l'inesistenza di organizzazioni di progettazione polivalenti...Parallelamente si ha la costante senzazione che i bimotori non interessassero veramente la R.A. , il che spiegherebbe la scarsa urgenza assegnata a tutti questi progetti , per lo più portati avanti svogliatamente e senza apparente convincimento."  Con queste premesse si spiega perché alcuni tentativi messi in atto sin dal 1939 in Italia di produrre dei bimotori da caccia,  sempre afflitti dai poco prestanti radiali FIAT A 74,  non furono coronati dal successo o addirittura si rivelarono fallimenti eclatanti, quasi sempre principalmente per via della motorizzazione adottata . E' il caso del Breda 88 (che a pieno carico, una volta decollato, non era nemmeno in grado di effettuare una virata) e del CANSA FC.20 (anche esso sottopotenziato ed instabile ) mentre altri aerei erano più o meno adeguati come il Romeo Ro.57 il cui prototipo però rispetto ai coevi caccia monomotori aveva solo il vantaggio di una maggiore autonomia non venendo così preso in considerazione, o come il FIAT CR. 25 che si rivelò idoneo almeno come velivolo di scorta a lungo raggio, venendo però prodotto in pochi esemplari di serie. Alla Caproni nel 1942 venne chiesto di realizzare sulla base di un suo elegante prototipo di velivolo da ricognizione, il Ca.331 (scartato l'anno prima per via dei costi dei materiali con cui era realizzato ), un caccia pesante da usare anche di notte:   nella versione B   il Ca.331 conservava i motori Isotta Fraschini in linea ma nella versione Zeta RC 42 e, per la produzione in serie,  si pensava ad una loro sostituzione con altri propulsori anche esteri ma  non si andò oltre alla costruzione di un solo prototipo in quando si era giunti nell'autunno 1942, e anche se questo velivolo prometteva bene, rimase uno dei tanti progetti rimasti incompiuti o su carta per via del tracollo nazionale dell'estate 1943...Solo quando ci fu la disponibilità dei propulsori tedeschi Daimler Benz alcune officine artigianali aeronautiche italiane (definirle industrie sarebbe troppo…) furono in grado di proporre velivoli che forse sarebbero stati in grado di confrontarsi con il nemico come l’IMAM Ro.58 (un caccia biposto come il Me.110 ovvero con pilota e mitragliere posteriore disposti in tandem) e i bicoda SIAI SM.91 ed SM.92 ma come per il Ca.331B, anche la gestazione iniziale dei relativi progetti durò diversi mesi e quando finalmente i vari prototipi di questi aerei furono realizzati, la situazione bellica italiana era oramai compromessa per essere travolta del tutto dalla resa incondizionata dell'8.9.1943 . Per la caccia notturna poi si ricorse ai velivoli tedeschi Dornier Do.217 J-1 e J-2 e Messerschmitt 110C (esemplari però forniti con il contagocce e già molto sfruttati in precedenza dalla Lufthwaffe) ed alla fine per contrastare le incursioni diurne sul territorio nazionale da parte delle "fortezze volanti" statunitensi si ricorreva a volte addirittura ad alcuni asfittici Aermacchi C.200 ancora rimasti il linea, in qualche occasioni ai Devoitine D.520 di preda bellica che insieme agli Aermacchi C.205 terza serie e ai Messerschmitt Bf. 109 erano fra i pochi velivoli della R.A. ad avere un armamento adeguato da opporre ai B.17 e ai B. 24 dell'U.S.A.A.C.. Infatti la  R.A. solo nel corso del 1943 ebbe  in dotazione alcune decine di velivoli con armamento più consistente oltre  alle due usuali mitragliatrici Breda Safat da 12,7 mm, quando cioè i caccia Mod. 5 furono dotati di due o tre cannoni da 20 mm e  vennero affiancati dai Messerschmitt Bf. 109 forniti dai tedeschi e che sin dalla versione F-4 avevano un cannone da 20 mm inserito nel mozzo dell'elica oltre che dai Dewoitine D. 520 di preda bellica ed anche loro con un cannone da 20 mm inserito nel mozzo dell'elica . Contro i quadrimotori statunitensi si pensò infine di ricorrere anche all'uso di cannoncini da 37 mm: una di queste armi fu montata sul muso del prototipo del CANSA FC-20, ma quando questo velivolo  fu finalmente portato  in combattimento dal Magg. Corrado Ricci nell'aprile del 1943 non ci fu alcun esito concreto per le pessime caratteristiche di volo dello stesso aereo...Molti mesi prima, la SIAI Marchetti , partendo dal suo trimotore S.84 e rimodellandone la parte anteriore , sviluppò il prototipo di un bimotore, ribattezzato SM.89, armato di ben due cannoncini da 37 mm accompagnati tutte sul muso da tre mitragliatrici da 12,7 mm ; completavano l'armamento per la difesa dell'aereo due torrette, una dorsale ed una ventrale radiocomandata con altrettante mitragliatrici da 12,7 mm . Un complesso poderoso che una volta completamente installato sul velivolo, lasciava allo stesso delle accettabili caratteristiche di volo: come al solito una lunga fase di sperimentazione protrattasi per tutto il 1942 trattenne ai centri sperimentali di Guidonia e poi di Furbara il prototipo dell'SM.89 per il quale era poi prevista l'adozione dei motori radiali Piaggio P. XV da 1650 cv. ciascuno al posto dei Piaggio P. XII RC. 35 già installati , anche essi radiali ma con una potenza inferiore (1500 cv. ciascuno) e che facevano "soffrire" un pò il velivolo che però è rimasto l'unico aereo italiano in grado di portare cannoncini da 37 mm conservando prestazioni tali che gli avrebbero forse potuto fargli arrivare a reggere in qualche modo il confronto con i bombardieri pensanti avversari...Purtroppo quando finalmente il prototipo dell'S.89, con MM.533 , fu assegnato alla 173° Sq. della R.A. , basata sull'aeroporto di Cerveteri, si era già arrivati all'aprile del 1943 : l'armistizio dell'8.9.1943 travolse ogni ulteriore sviluppo e del prototipo dell'SM.89 se ne persero le tracce...

S.89

Le ultime pagine di Dimensione Cielo - Caccia &Assalto Vol. 2 (Roma : Edizioni Bizzarri, 1973 ) sono dedicate alle vicende di questo prototipo che è stato riprodotto in scala 1/72 con un kit in resina commercializzato molto tempo fa dalla ditta milanese Italian Kits Mail Order, gestita fin dalla sua fondazione a Cinisello Balsamo da Felice Rufolo, un nome molto famoso fra i modellisti che dedicano le loro attenzioni ai soggetti italiani (Felice insieme ad altri due soci negli anni ottanta era uno dei gestori del negozio Al Soldatino Modelismo di Milano e con gli stessi era anche titolare del marchio R.C.R. ) . Nel corso degli anni la Italian Kits ha rilevato la produzione più recente ed in resina della Cunarmodel, ha ripreso diversi sets in foto incisione e kits in resina della R.C.R ,  ha realizzato kits , fogli decals e sets di miglioria, sempre inerenti velivoli e mezzi italiani, storici e moderni; nel novembre 2022 la ditta  ha cessato la sua attività, lasciando in rete il suo omonimo sito,  ma dal marzo 2024 molti stampi sono stati ceduti a Fabrizio Marini , figurinista molto apprezzato, che li sta progressivamente reimmettendo in commercio (per i vari aggironamenti il sito è https://www.fabrimore-soldier.it/ ) . Il kit dell'S.89, insieme a quello del G.91T Cunarmodel sempre in 1/72 e a quello dell'idrocorsa Piaggio P.C. 7 in 1/48 (tutti in resina ) sono fra i primi ad essere riediti; quello dell'S.89 è composto da una cinquantina di pezzi in resina cui si aggiungono tre parti (rispettivamente per tettuccio cabina pilota e le due cupolette con l'armamento di difesa) stampate a cadlo su una lastra in acetato trasparente. Accompagno i pezzi un foglio istruzioni abbastanza chiaro e delle decals inerenti gli stemmi in fusoliera e in coda , ma non le insegne alari per le quali si deve ricorrere a quelle presneti nel foglio Tauromodel 72-554 .

 SM.89

Il kit riproduce la configurazione del velivolo assunta in una fase avanzata dei collaudi di questo prototipo, quando cioè sull'SM.89 venne installato l'armamento completo e vennero modificate le carenature del vano carelli (da frontali a laterali) . Come ogni volta che si assembla un modello in resina, va sempre ribadita l'avvetenza che quando si lavora con questo tipo di materiale, vanno usati sempre un paio di guanti di lattice per le mani ed una mascherina sul viso, per la protezione rispettivamente della pelle e delle vie respiratorie; si deve sempre operare in ambienti ben ventilati quando si usano carte abrasive per lisciare le parti ed inoltre vanno seguite scrupolosamente le indicazioni fornite dai produttori di colla ciano acrilica che si dovrà usare nella costruzione di questo kit. La separazione dei pezzi dalle materozze di stampa è opportuno poi farla con cautela usando un piccolo archetto da traforo da orefice e per eventuali ritiri della resina si può usare lo stucco Tamiya Putty Basic Type , un prodotto molto valido anche per i kits in resina e dalla veloce essiccazione , purtroppo non più importato in Italia...I punti critici della costruzione del kit dell'S.89 comunque sono gli allineamenti fra il dorso della fusoliera e quest'ultima che inoltre è vuota  al suo interno (ci sono nel kit due seggiolini ma a costruzione ultimata, attraverso le finistrature del parabrezza non è che si veda molto degli interni ) e quelle delle ali al corpo della fusoliera , anche per riprodurre con esattezza il diedro alare.

Mentre in fusoliera ci sono poche incisioni sulle superfici esterne, sulle ali le varie pannellature sono incise in modo abbastanza marcato ma in fin dei conti la loro profondità è accettabile; in generale le forme e dimensioni dell'aereo reale appaiono ben raffigurate dal kit che  ha poi tutte le superfici mobili ali e timoni come pezzi separati , una caratteristica molto apprezzabile anche in considerazione del fatto che le foto dell'SM.89 fanno vedere che alettoni e flaps erano abbassati quando il velivolo era a terra. Un ulteriore passaggio su cui si deve prestare molta attenzione è quello dell'unione del tettuccio del vano pilota alla fusoliera: il pezzo trasparente va ritagliato con cura dal foglio di acetato su cui è stampato e poi si deve avere l'accortezza di far evaporare la dose di collante cianoacrilico che va adoperata per unire lo stesso pezzo alla fusoliera per evitare che i vapori della stessa colla danneggino in modo irreparabile lo stesso trasparente. Per le finestrature laterali in fusoliera e per i due fari sul bordo alare si deve ricorrere ai liquidi tipo Micro Kristal Clear chiaramente da versare nei vari spazi a colorazione ultimata.

SM.89

Il prototipo dell'SM.89 aveva le superfici esterne dipinte nel cosiddetto schema "continentale"  in Verde Oliva Scuro 2 per le superfici superiori, Grigio azzuro chiaro 1 per quelle inferiori  e chiaramente, trattandosi di un prototipo peraltro mai usato operativamente , la mimetica di questo velivolo, come si nota dalle foto scattate durante i collaudi, era in un buono stato di conservazione. Data quindi al modello assemblato una mano (tutti i passaggi li ho fatti con l'aerografo) di grigio chiaro su tutte le superfici esterne (anche per evidenziare eventuali ritiri della resina o problemi nelle stuccature) , ho  dato delle limitate passate di nero opaco per creare una pre ombreggiatura ed anche per trovare un giusto compromesso fra la descritta realtà storica  e l'esigenza di evitare di dare alla fine al modello un effetto "mattone" troppo uniforme ... Ho quindi realizzato la fascia bianca in fusoliera e le croci di coda usando mascherature di nastro da carrozziere, stesso nastro usato per poi coprirle,  quando ho poi steso sotto il Grigio Azzurro Chiaro 1 (F.S. 36306) ovvero l'Humbrol 141 e sopra il Verde Oliva Scuro 2 (F.S. 34052) cioè l'Humbrol 91,  con passaggi questa volta non molto irregolari e coprendo quasi del tutto il precedente grigio chiaro e le ombreggiature di colore nero.

sm.89

Passata su tutto il modello una mano di trasparente lucido acrilico Testor's ho posato le varie decals ; da notare che il fascetto policromo presente sotto il vano pilota aveva il contorno bianco e non nero come si nota da una rara foto dove si vede che effettivamente anche questa insegna era stata applicata all'SM.89 ; dalle altre immagini si nota che la posizione delle insegne alari era viciniore ai due faretti presenti sul bordo alare. Dopo aver applicato le decals ho passato infine su tutte le superfici l'ottimo trasparente acrilico opaco KSW01 della Custom Service.

sm.89

Ho quindi completato l'assemblaggio del kit aggiungendo le componenti più piccolo dello stesso come il complesso dei carrelli (le gambe di quello principale vanno dipinte in acciao) contrappesi delle parti mobili di ali e timoni, le due eliche (queste hanno i mozzi in metallo e le pale in nero)  mentre le canne delle due armi da 37 mm poste sul muso si devono ricavare da profilati di plastica di 1,5 mm di diametro e di 2,4 mm di lunghezza.

 sm- 89

Una volta terminata la costruzione si può constatare che effettivmente il modello di Italian Kits rende molto bene le fattezze di quello che come detto è stato l'unico velivolo italiano della seconda guerra mondiale a portare effettivamente in volo un armamento "pesante".

Gabriele Luciani



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