Semovente FIAT Ansaldo da 75/18 scafo M.41,Div."Aosta"E.I.,1948,da kit Italeri scala 1/35 cat. no 6214
Il semovente da 75/18 su scafo 41 prodotto dalla FIAT Ansaldo durante gli anni 1941-1942 fu uno dei mezzi corazzati italiani meglio riusciti, capace di tener testa a tutti quelli avversari, in particolare durante le operazioni in Africa Settentrionale. Alcuni esemplari sopravvissuti alla seconda guerra mondiale, hanno trovato impiego anche in reparti dell'Esercito Italiano e per molti anni: il vecchio kit Italeri si presta abbastanza bene anche a riprodurre uno di questi semoventi in servizio nei primissimi anni cinquanta
Modello, foto e testo di Gabriele Luciani
Prendendo spunto dai successi conseguiti dai tedeschi nel 1940 con i loro cannoni semoventi, anche in Italia si ritenne opportuno sviluppare un mezzo di questo tipo,basandosi pure sullo scafo del carro armato M.13/40 ed utilizzando come bocca da fuoco l'obice da 75/18. Dopo alcuni studi di fattiblità, il 16.1.1941 all'Ansaldo venne trasmesso un ordine per i primi trenta esemplari, ottenuti usando scafi M 40 terza serie, progressivamente consegnati dal mese di maggio 1941 al Regio Esercito. Vennero realizzati 60 semoventi su scafo 40 e la produzione continuò sempre con l'obice da 75/18 anche quando si passò agli scafi M41, arrivando negli anni 1941 e 1942 a 162 unità: questi semoventi dettero risultati operativi soddisfacenti e la formula fu foriera di ulteriori sviluppi sia nell'armamento che con altri tipi di scafi (i tipi M 42 ed M43 che però erano ben differenti dai precedenti). Per comprendere bene le differenze fra i vari scafi M40 ed M41 si devono descrivere preliminarmente quelle presenti sui carri da cui i semoventi erano derivati...Il carro M 13/40 fu prodotto in tre serie con alcune peculiari caratteristiche esteriori: la prima serie dell’ M13/40 aveva i parafanghi lunghi e dietro i radiatori sulla piastra posteriore verticale, c’erano due coppie di rulli di scorta, mentre un martinetto era posto sul parafango sinistro poco avanti alla casamatta; il tetto della torretta era liscio come la testa collettrice dei radiatori posta fra le due griglie dei radiatori. La seconda serie dei carri M 13/40 aveva i parafanghi che, partendo dalla ruota anteriore, arrivavano solo all’altezza dello spigolo anteriore della casamatta e di conseguenza il martinetto venne spostato dietro, al posto della coppia di sinistra dei rulli di riserva; gli M 13/40 della terza serie oltre a conservare le caratteristiche della seconda serie, ebbero la testa collettrice dei radiatori con due alette laterali che le facevano assumere la forma cd. “a fungo” ed al centro del soffitto della torretta veniva posto un rigonfiamento quadrangolare per consentire una più comoda manovrabilità in senso verticale del cannone da 47/32: i 60 semoventi su scafo M 40 appartengono tutti a questa terza ed ultima serie, avendo chiaramente una sovrastruttura diversa dal carro armato e comunque tutte le versioni degli M 13/40 hanno le griglie dei due radiatori disposte parallelamente alla lunghezza del carro. Al termine della produzione dell’M13/40 nel 1941, si decise l’adozione di un motore più potente: le dimensioni del carro rimanevano inalterate ma il peso aumentava da tredici tonnellate a quattordici, per cui il nuovo carro venne denominato M14/41: come detto anche i semoventi da 75/18 furono realizzati su scafi M41 di cui vennero prodotte due serie entrambe caratterizzate dal ritorno dei parafanghi lunghi (ma non del tutto simli a quelli della prima serie dell’M 13/40, in quanto presevano ai bordi una modanatura di rinforzo). Durante la produzione della seconda serie dell’M14/41 vennero progressivamente adottate alcune particolarità teniche esterne ovvero: delle costolature a forma di coppie di X poste per lungo sui due parafanghi (due anteriormente e due in corrispondenza della marmitta), due staffe di sostegno dei due parafanghi (una davanti ed una dietro), una leva cacciafango dietro le ruote motrici anteriori, le griglie dei due radiatori che erano disposte trasversalmente rispetto alla lunghezza del carro. Le marmitte che nei carri su scafi M13 avevano delle costolature esterne che spesso alcuni esemplari di carri e di semoventi su scafo M41 non le presentavano; sui semoventi poi , all'esterno delle pareti del vano equipaggio venivavano installati dei porta taniche. Tutti questi particolari a volte non si trovano contemporaneamente insieme , ma sono però progressivamente tutti presenti negli ultimi esemplari prodotti sia di carri M41/41 sia di quei semoventi da 75/18 che vennero realizzati appunto con gli ultimi scafi della serie M41 . Molti dei semoventi da 75/18 conservati in Italia attualmente, hanno queste caratteristiche esterne degli ultimi scafi della serie M41 : alcuni non hanno i parafanghi con le staffe di rinforzo ma hanno tutti le griglie dei radiatori trasversali e la leva cacciafango; sono convinto che quasi tutti questi semoventi erano quelli assegnati nel maggio del 1943 al DLXI Gruppo Semoventi del Regio Esercito di stanza in Sardegna. Infatti il DLXI Gruppo Semoventi (insieme al DLX gruppo che però passò subito ai semoventi da 105/25 su scafo M43) fu l'ultimo reparto del R.E. che venne armato con i semoventi da 75/18 su scafo M 41: questo tipo di mezzo fu costruito sino all'autunno del 1942 e gli ultimi 18 di questi semoventi prodotti furono appunto assegnati alle tre batterie del DLXI Gruppo Semoventi inquadrato nella Divisione f. "Friuli" (cfr. pagg. 331-337 de "Gli autoveicoli da combattimento dell'esercito italiano vol 2: 1940-1945" di Nicola Pignato e Filippo Cappellano, Roma : Stato maggiore dell'esercito. Ufficio storico, 2002 ). Dopo l'armistizio dell'8.9.1943 le formazioni del Regio Esercito rimaste fedeli ai Savoia, cacciarono i tedeschi sia dalla Sardegna che dalla Corsica; i mezzi del DLXI Gruppo Semoventi divenuto poi V° gruppo semoventi da 75/18, nel marzo 1944 erano ancora a Sanluri, rimasti alle dipendenze del 32° Rgt. Carristi e, dopo lo scioglimento di questa unità nell'agosto 1944, furono conservati dalla direzione del 13° Parco automobilistico presso i baraccamenti di Giuspini (cfr. pag.303 -305 de "...come il diamante: I carristi italiani 1934-45" di Sergio Corbatti e Marco Nava, Bruxelles: Laran Editiones, 2008) . Gli altri gruppi di semoventi che ebbero in dotazione il semovente da 75/18 su scafo M 40 e poi quelli su scafo M41 persero invece nel tempo tutti i loro mezzi per lo più nelle operazioni in Africa settentrionale e in Tunisia; inoltre nel 1943 era iniziata la distribuzione ai reparti del R.E. di stanza in Italia dei semoventi su scafo M42 ed M43. Per tutte queste circostanze tecniche e storiche, è da ritenere che dopo la guerra, gli stessi semoventi da 75/18 su scafo M 41 di ultima produzione poi rimasti in Sardegna dal 1944 e qualche analogo isolato superstite rinvenuto nell'Italia peninsulare, siano stati recuperati dal Regio Esercito (divenuto Esercito Italiano il 18.6.1946), rimanendo in servizio sino ad oltre la metà degli anni 50, venendo pure fotografati in più occasioni...Questi semoventi infatti, ed altri mezzi di produzione italiana (anche quelli usati dalle FF.AA. della R.S.I. e dai tedeschi sopravvisuti al conflitto e rinvenuti in centri di raccolta spesso realizzati dopo la resa delle forze dell'Asse in Italia), venivano faticosamente rimessi in sesto per lo più presso l'Arsenale d'Artiglieria di Torino. Il recupero di questi mezzi, oramai divenuti obsoleti alla fine degli anni 40, si spiega in parte con le enormi difficoltà economiche dell'Italia dei primi anni del secondo dopoguerra, per motivi sindacali e sociali (gli operai della Ansaldo si rifiutarono di riattivare la produzione di mezzi bellici) e soprattuto per le ragioni politiche connesse alle clausole del trattato di pace con gli Allleati che chiaramente consideravano l'Italia come una nazione sconfitta, le cui forze armate dovevano essere pesantemente ridimensionate... I governanti italiani erano però costretti a dover ricostruire quanto prima possibile le FF.AA. nazionali cercando di bancamenarsi con quello che si poteva recuperare anche dai famosi campi ARAR , non solo per non lasciare scoperto il settore della difesa ma fin da subito per le drammatiche esigenze di mantenimento dell'ordine pubblico che le sole forze dell'ordine più volte sembravano sul punto di non ottenere...Assegnati ad alcuni reparti minori di comandi militari per la difesa territoriale, i residuati bellici italiani, ridipinti all'esterno per lo più in grigio verde o in verde scuro, vennero usati, anche presso reggimenti di fanteria e squadroni autonomi di Cavalleria, e non solo per scopi addestrativi ma anche in funzione di deterrente conto i tanti tumulti di piazza (come ad esempio a Milano a novembre del 1947). Questi mezzi vennero progressivamene sostituiti da altri più moderni (con l'entrata nella N.A.T.O. dell'Italia), finendo alcuni come fortini interrati presso il confine con la Jugoslavia , venendo addirittura rimossi solo nel luglio 2009...Molti residuati bellici di produzione italiana, fra cui diversi semoventi su scafo M41 seconda serie di ultima produzione, sono stati usati come monumenti in diverse caserme (come i carri che, dopo essere stati per anni a Caserta , sono oggi a Lecce), in qualche caso malamente "restaurati" (pure in condizioni di muoversi) : c’è da chiedersi perché certi “restauratori” non ritengono mai opportuni rivolgersi ad esperti come il compianto Prof. Pignato o il ten.col. Cappellano, o avere l’intelligenza di consultare le associazioni nazionali di modellisti che certo li metterebbero in condizioni quanto meno di non realizzare certi obbrobri tecnico-storici…Uno degli ultimi semoventi da 75/18 su scafo M 41 prodotti è comunque a Lecce e il relativo walkround fotografico (Semovente M 41 a Lecce ) è da supporto a questo articolo che è inerente appunto alla riproduzione di un mezzo del tutto analogo ma in servizio nell'E.I. ; un altro esemplare identico è quello oggi ottimamente conservato dalla associazione CRCS Onlus di Santa Margherita del Gruagno (UD) presso la Caserma Sante Patussi di Tricesimo (UD) ed anche la gallery (75/18 M41 CRCS ) del mezzo è anche essa d'aiuto anche se sono viste generali del mezzo come quelle di un altro identico esemplare tenuto nel 1989 a Civitavecchia (M 41 Civitavecchia ).
Da tempo volevo riprpodurre uno dei residuati bellici di produzione italiana in servizio con l'E.I. nei primi anni del dopoguerra ma non avevo mai trovato immagini dalle quali poter evincere con certezza quanto meno la targa di uno di questi corazzati, fino a quando ho notato una foto apparsa a pag. 98 del volume "I mezzi blindo-corazzati italiani 1923-1943 : dal reparto carri armati al corpo d'armata corazzato" (Parma : Albertelli, stampa 2005) di Nicola Pignato, scattata durante la parata ai Fori Imperiali di Roma tenutasi il 4/4/1948 in occasione della ricostituzione della divisione "Granatieri di Sardegna", immagine che da tempo circola in rete anche su diversi gruppi facebook. Questa foto mostra ben cinque esemplari di semoventi da 74/18 su scafo M 41 in dotazione all'Esercito Italiano, ed è molto preziosa perchè da contezza di molte pecurialità tecniche ed anche araldiche principlamente del mezzo in primo piano, come la sua targa e lo stanag . Grazie al Generale Luciano Di Gioseffo, amministratore del gruppo facebook "Stanag-i codici dei reparti dell'Esercito Italiano", ho appreso che si tratta di semoventi di un reparto extra organico inserito nel 5° rgt. f. "Aosta"della Div. F. "Aosta" , formazione costituita nel settembre 1944 per compiti di sicurezza interna e presidio del territorio. Questo semovente in primo piano è proprio uno degli ultimi esemplari prodotti nel 1942, avendo le costolature a forma di coppie di X poste per lungo sui due parafanghi , due staffe di sostegno dei due parafanghi (una davanti ed una dietro), una leva cacciafango dietro le ruote motrici anteriori, le griglie dei due radiatori che erano disposte trasversalmente rispetto alla lunghezza del carro, i porta taniche esterni. Si può quindi trarre una riproduzione abbastanza precisa di un semovente di questo tipo, partendo dal classico kit in scala 1/35 della Italeri...
Alla fine del 1972 la ditta bolognese, allora Italaerei (la ragione sociale fu cambiata anni dopo per la difficoltà degli anglosassoni di pronunciarla…), regalò ai modellisti il primo modello in plastica iniettata ed in scala 1/35 di un mezzo corazzato di produzione italiana degli anni quaranta. Il kit era dedicato in teoria al carro M 13/40 (la sigla vuol significare carro Medio di 13 tonnellate prodotto nel 1940) ma in realtà i tecnici della Italeri in precedenza si erano recati a Roma, presso il Museo della Motorizzazione Italiana, ed avevano preso come riferimento un M 14/41 (ovvero il modello successivo di carro Medio, di 14 tonnellate prodotto nel 1941 con un motore più potente dell’M13/40) che i responsabili del Museo avevano esibito come M 13/40. All’epoca poi la documentazione sui corazzati italiani della 2° guerra mondiale era limitata ad un libro uscito nel 1968 (“Corazzati Italiani 1939-1945” ed. D’Anna, a firma di Benedetto Pafi e Cesare Falessi) e ad un coevo Profile sull’M 13/40, con una notevole confusione fra i due carri M e le loro rispettive versioni. Un primo intervento chiarificatore fu quello di Bruno Benvenuti ed Aldo Maria Bellei sul Notiziario I.P.M.S. Italia n. 3/1973 che misero ordine sulla materia con un pregevole articolo: da questo e dalla successiva pubblicistica sull’argomento si è potuto constatare, come da me già detto poco sopra , che il carro M 13/40 fu prodotto in tre serie con alcune peculiari caratteristiche esteriori cui successero le due serie su scafo M 14. Il modello quindi, malgrado fosse dedicato all’M13/40, in realtà, sia pure con alcune correzioni (martinetto messo al posto della coppia di sinistra dei rulli riserva), è idoneo alla riproduzione di un esemplare di M 14/41 seconda serie intermedia con la leva caccia fango e le griglie dei radiatori trasversali ma senza le costolature a forma di coppie di X poste per lungo sui due parafanghi e le staffe di sostegno degli stessi. Dopo un anno, usando inalterati due dei tre telai di stampa del kit del carro M oltre ai cingoli in vinile, l'Italaerei estrapolò anche il kit del semovente, cambiando il telaio che riproduceva la struttura superiore del mezzo, aggiungendo la riproduzione di alcuni particolari della meccanica, il sedile del pilota e due altri figurini di carristi italiani. Nel foglio decals venivano proposti due esemplari del R.E. (dalla numerazione delle targhe proposte, si sarebbe trattato di semoventi su scafo M40; le istruzioni indicavano per la colorezione per il primo il giallo sabbia uniforme mentre per il secondo una mimetica a chiazze di bruno rossiccio e verde medio su giallo sabbia scuro che in realtà venne applicata solo nel 1943 e per lo più sugli M42 ...); c'era poi un anonimo semovente tedesco su scafo M 41 e un esemplare post bellico dell'E.I. anche in questo caso senza alcuna indicazione del reparto di appartenenza...Per l'epoca, vista la scarsità di documentazione, ci si poteva accontare di queste indicazioni ma oggi , grazie ai vari testi come quelli già qui indicati,nonche alle due ottime monografie sui Carri M e loro derivati edite dal Gruppo Modellistico Trentino ed a firma di Andrea e Antonio Talillo e Daniele Guglielmi, ci si può muovere con maggiore consapevolezza...Il kit della Italeri comunque è stato reinscatolato negli anni 70 dalla Revell e poi nei primi anni 90 dalla russa Zvezda (da notare bene che l'analogo prodotto della Tamiya è un altro stampo differente) , clonato in 1/72 nei primi anni 70 dalla Ente Scambi Coloniali Internazionali; sia questo modello che quello del carro armato, furono allegati in regalo alle dispense de Storia dei Mezzi corazzati della F.lli Fabbri , edita nel 1976 e come molti altri stampi storici della ditta bolognese dei primi anni 70, il semovente da 75/18 è entrato ed uscito più volte dal catalogo della stessa, ed oggi risulta non essere in produzione ma non è affatto difficile reperirne uno, anzi...l'importante è avere sempre una buona documentazione sui carri e sui semoventi italiani durante la seconda guerra mondiale, per evitare confusioni fra i vari esemplari e realizzare così riproduzioni errate.
Per realizzare l'esemplare della foto appartenente al 5° rgt. f. "Aosta"della Div. F. "Aosta" sono dunque partito dal kit oggi Italeri, aggiungendo allo stesso non solo le correzioni necessarie per la riproduzione di questo semovente dell'E.I. ma anche alcuni particolari che ritengo indispensabili per qualsiasi versione di semovente da 57/18 ovvero i set n. 4034 (cingoli in resina e maglia per maglia) e n. 4092 (cannone da 75/18, riprodotto in metallo bianco e con i fori di raffreddamento della bocca da fuoco) entrambi della Model Victoria di Paolo Marcuzzi. Infatti anche decidendo di montare gli sportelloni del vano equipaggio in posizione chiusa, evitando così il notevole lavoro di arricchimento degli interni (che comunque sarebbe agevolati dagli altri set della Model Victoria e della Brach Model), non si può fare a meno di sostituire i cingoli in vinile del kit: infatti, quando il mezzo era fermo, la parte superiore dei cingoli tendeva ad arcuarsi verso il basso per via del peso, un aspetto che solo con i cingoli maglia per maglia è possibile riprodurre realisticamente...
Il set del cannone della Model Victoria dà un ulteriore tocco di realismo con poca spesa e con altrettanta poca fatica e vale proprio la pena di usarlo. Il modello è composto da una prima stampata, contraddistinta dalla lettera A che contiene il pavimento e le pareti laterali bassi dello scafo che sono riprodotte in un unico pezzo, i parafanghi, il cofano motore e le griglie dei radiatori, i distanziatori delle ruote di rinvio, le paratie anteriori e posteriori dello scafo, le due casette poste dietro il vano equipaggio.La seconda stampata con la lettera B è inerente al complesso dei treni di rotolamento dei cingoli con qualche altro particolare del carro ed un mediocre figurino di un carrista italiano. Da sottolineare in questa stampata la presenza di quattro pezzi che riproducono i “galletti” utilizzati per tenere bloccati i due sportelli del cofani motore: evidenziano la qualità raggiunta nel 1972 dagli stampisti dell’allora Italaerei: all’epoca furono notati e molto apprezzati dai modellisti italiani ed esteri che incominciarono ad identificare, anche per questi particolari, i prodotti della ditta bolognese come sinonimo di una alta qualità…Mentre le due stampate A e B ed i cingoli sono comuni al precedente modello del semovente da 75/18, la terza stampata è quella che differenza i due kit: nel caso del semovente abbiamo i due lati ed il soffitto della struttura superiore in un pezzo unico, cui si devono aggiungere la piastra frontale con l'alloggiamento dell'obice, la piastra posteriore, la riproduzione del cannone da 75/18 ad altri particolari per gli interni. Per l'assemblaggio è meglio procedere senza seguire alla lettera le istruzioni, omettendo cioè di unire fin da subito allo scafo il treno di rotolamento che invece se lasciato scomposto sarà molto più semplice da dipingere. In alcuni punti del modello si dovrà purtroppo ricorrrere all'uso dello stucco per far sparire qualche segno di giunzione fra le varie componenti del kit, in particolare fra la piastra anteriore dello scafo e lo scafo medesimo, nonchè fra la piastra anteriore de quella posteriore della struttura superiore del vano equipaggio e il pezzo che ne raffigura il resto ...
Molti particolari del semovente come le marmitte, i ganci per gli attrezzi da zappatore, preferisco assemblarli dopo a colorazione quasi finita; invece in questo caso ho proceduto alla riproduzione delle costolature a forma di xx che erano presenti sui parafanghi, nella parte anteriore e
nella parte posteriore, sotto le marmitte: ho prima inciso con un cutter i loro rispettivi alloggiamenti sui due pezzi che riproducono i parafanghi, per poi raffigurare gli stessi rinforzi con del filo di rame di spessore adeguato ma comunque abbastanza sottile, usando poi la carta abrasiva per "annegarli" ulteriormente nella superfice della plastica.
Altri particolari da aggiungere sono le riproduzioni dei porta tanica esterni che ho realizzato con striscie di plasticard sottile, sono tre a sinistra e due a destra e i due sostegni anteriori e posteriori dei parafanghi che ho realizzato ricavandoli dal metallo di un tubetto di dentrificio (!) di adeguato spessore...
Avendo assemblato forse una buona dozzina fra kit Italeri di carri e semoventi M alla fine ne conduco il montaggio quasi ad occhi chiusi...fatto sta che l'assemblaggio delle componenti principali del kit si può completare come da scatola in poche ore, anche se si possono aggiungere ulteriori migliorie di dettaglio che però possono notarsi a volte molto poco...Dopo aver dato una mano di fondo grigio chiaro quindi, sono passato alla riproduzione della colorazione esterna del mezzo che dalla foto (similmente agli altri mezzi coevi, sia quelli italiani residuati bellici, che quelli di provenienza alleata) è certo in un verde alquanto scuro che definire in modo assolutamente esatto è una impresa improba, tenuto conto di diversi fattori...Dalla metà del 1941 e fino ai primi mesi del 1942 , i mezzi corazzati prodotti in Italia , all'esterno, erano dipinti in un "kaki sahariano" che secondo Andrea e Antonio Talillo e Daniele Gulielmi , autori della monografia "Carro M" del G.M.T. dovrebbe corripondente al F.S. 33242. Nella primavera del 1943 venne introdotto un nuovo schema mimetico (Tipo 43) con chiazze di verde (F.S. 34128) e marrone (F.S. 30099) stese sul sabbia: tale schema venne applicato non solo direttamente in fabbrica (con le chiazze stese in modo più definito) ma spesso anche presso i reparti con modalità più approssimativa, questo certamente per i mezzi consegnati in precedenza in kaki sahariano e rimasti in Italia ed in Sicilia, per i quali c'è l'evidenza fotografica di questa applicazione campale, il dubbio rimane per quelli arrivati e poi rimasti in Sardegna. Dopo il recuperato nel dopo guerra dei residuati bellici italiani, non credo che anche presso l'Arsenale di Torino si sia proceduto oltre che ad una revisione meccanica pure alla eliminazione della loro precedente mimetica, al limite forse si sarà fatto un lavaggio superficiale degli esterni , per poi passare direttamente sulle stesse superfici esterne un verde scuro con metodi e risultati finali comunque non da asettico forno di carrozzeria d'auto...Quale dunque poteva essere la tonalità di verde usata ? foto a colori dell'epoca ancora purtroppo non ce ne sono e si può ragionare basandosi sulle condizioni tecniche ed economiche dell'epoca...
Può darsi che presso le officine che riparavano i residuati ci fossero ancora scorte del verde usato dal 1943, che gli alleati avessero fornito qualche scorta delle loro vernici militari, o addirittura che come succedeva ancora a fine anni 80 presso le officine automobilistiche dei vari reparti dell'E.I. si ricorreva a qualche tinta di derivazione automobilistica acquistata per l'occorrenza...A tutto questo poi va aggiunto l'usura dei mezzi, il fatto che gli stessi venivano comunque considerati anche operativamente di seconda scelta per cui alla fine ...è un pò inutile scervellarsi più di tanto e partire con l'idea di non usare una sola tinta modellistica se non per dare una base di partenza...Passato un pre shading di nero opaco mirato su alcuni specifici angoli ed interstizi del semovente, così come anche sulle griglie dei radiatori, con l'aerografo ho dato la prima mano irregolare di Humbrol 105 che è la vernice della gamma della ditta inglese che ritengo più si assomigli al F.S. 34128 per poi passare altre velature di verdi Humbrol più scuri o più chiari a seconda del tipo di invecchiamento o di lumeggiatura che volevo dare alle varie piastre e alle zone centrali dei pannelli, senza esagerare troppo anche tenuto conto della immagine di riferimento che avevo a disposizione del mezzo reale, comunque presentato in una parata.
Ho sospeso un attimo la colorazione per passare alla posa delle decals che, grazie principalmente ad un amico abilissimo del disegnarle al pc, ho fatto realizzare dalla FIDES di Verona, per raffigurare le targhe e gli stanag del semovente della foto dell'aprile del 1948 a Roma. L'immagine è così chiara che non ci sono problemi per i numeri della targa e dello stanag (che seguendo le indicazioni del Generale Di Gioseffo era a sfondo rosso) , così come per la posizione degli stessi sulla piastra posteriore del mezzo.
Non avendo una stessa possibilità per quanto riguarda la posizione degli stessi soggetti sulla parte anteriore del mezzo mi sono rifatto alle circolari dell'epoca che stabilivano come erano ubicati la targa (al centro del mezzo ) e lo stanag portato sulla parte sinistra anteriore del parafango del mezzo...
Sono poi passato ad assemblare il treno di rotolamentto con i cingoli della Model Victoria che ci sono ben adattati al modello Italeri e si legavano fra di loro senza colla, dando alla fine quell'effetto peso per cui li ho usati ; le maglie dei cingoli vanno dipinte in alluminio lumeggiando i punti di attrito delle maglie con il terreno con l'argento;
a questo punto ho usato il nuovo set (cat. no. 448 AP) di lavaggi acrilici della Italeri per il corpo del mezzo (lavaggi verde, nero e marrone) e per l'invecchiamento dei cingoli il set di lavaggi e pigmenti (cat. no. SPG02) della Lifecolor, due set veramente buoni, anche se l'aggiunta sulla parte bassa dello scafo del semovente di un pò di terra di colorificio non è stata ultronea...
La costruzione del modello si completa con l'unione dei pezzi messi ancora da parte, come i famosi galletti di chiusura dei cofani motore, i fari anteriori, i sostegni degli attrezzi da zappatore, il rullo di scorta , i predellini di salita dell'equipaggio e le varie maniglie, i ganci e le marmitte, l'aggiunta dell'asta dell'antenna con del filo di rame; due piccole note di colore sono infine i due fanalini di posizione posti sulla piastra posteriore del mezzo la cui riproduzione con due gocce di colore rosso ha terminato l'assemblaggio ...
Come al solito, ricerca storica prima di iniziare la costruzione, tecniche semplici e sempre accessbili da chiunque (non i diecimila passaggi di verinici, filtri e filtraggi di cui si legge ormai da anni ...) , modifiche visibili ed apprezzabili a modello terminato , sono un mix che fa divertire ed alla fine appaga, anche se si è montato un kit nato nel lontano 1973 con il quale, con poche variazioni, si può così anche testimoniare la rinascita della componente corazzata dell'E.I. già pochi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Gabriele Luciani
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