Macchi (Nieuport) Ni. 11 Regio Esercito - Sezione da Difesa – Stazione Dirigibili Regia Marina di Grottaglie –1917 scala 1/32 da kit Amodel cat. no. 3204
Soprannominato “Bébé” per le sue ridotte dimensioni, il Nieuport N.11 fu il primo vero velivolo da caccia di molte delle aviazioni degli stati che si opponevano nella prima guerra mondiale agli Imperi Centrali. Fu molto diffuso nei reparti italiani , venendo anche dislocato a Grottaglie e a Brindisi nel 1917: con il kit della Amodel in scala 1/32 vediamo come riprodurre uno di questi biplani “salentini”, anche alla luce delle più recenti ricerche sulla colorazione degli aerei italiani durante la Grande Guerra.
Modello, testo e foto di Gabriele Luciani
Il blocco del canale d’Otranto da parte del Regno d’Italia e dei suoi alleati negli anni 1915-1918 fu per la sua rilevanza strategica e per l’impegno di forze navali ed aeree, il secondo fronte più importante per lo stesso Regno d’Italia. Ben presto per questo azione contro l’Impero Austriaco e per gli impegni nei Balcani, non sola la Regia Marina ma anche navi inglesi e francesi vennero impiegate nel basso Adriatico: pure per la protezione di queste unità e delle loro basi, i porticcioli di Otranto e Santa Maria di Leuca, ospitarono idrovolanti italiani ed anglo-francesi. L’apparato aeronavale fu ulteriormente perfezionato realizzando presso Grottaglie una base di dirigibili che dovevano salvaguardare pattugliandolo il vicino spazio aereo del porto di Taranto: ad ulteriore protezione di questa base e dei suoi dirigibili, vennero dislocati alcuni caccia Nieuport Ni. 11 . Il piccolo sesquiplano francese era il primo ottimale frutto del serrato confronto tecnico e militare che si stava svolgendo sul fronte occidentale fra le aeronautiche alleate e quella tedesca: questa ultima , avendo sviluppato sui propri caccia e per prima un idoneo meccanismo che sincronizzava l’uso delle mitragliatrici di bordo con le eliche trattive, avendo in linea i micidiali monoplani Fokker E.1, era riuscita a conquistare il dominio dell’aria. La situazione cambiò in favore dei francesi quando il Ni.11 fu introdotto nei reparti transalpini agli inizi del 1916: le sue prestazioni, la possibilità di costruirlo in grandi quantità ed in tempi brevi, la sua semplice manutenzione, lo resero il caccia superiore a tutti i suoi avversari coevi, pur rimanendo sempre afflitto da una intrinseca debolezza dell’ala inferiore, un problema non da poco tenuto conto che i duelli aerei erano spesso caratterizzati da scontri individuali condotti con manovre strettissime.
Comunque sia il Bébé fu un velivolo di successo e di larga diffusione anche per l’aeronautica italiana: fin dal 1912 la Nieuport aveva costituito a Varese una propria filiale, la Società Anonima Nieuport-Macchi, divenendo ben presto una delle maggiori fornitrici di velivoli per il Regio Esercito e la Regia Marina. Uno dei tipi più importanti fu senza dubbio proprio il Ni.11 , prodotto in 650 esemplari e che appena fu nelle mani dei piloti italiani, consentì loro di iniziare una serie di lusinghieri successi che si sarebbero concretizzati in quasi sessanta abbattimenti di velivoli nemici. Il Bébé fu il protagonista della caccia terrestre italiana per tutto il 1916, venendo progressivamente affiancato nei reparti durante il 1917 dal Ni.17, una sua evoluzione con motore più potente ed apertura alare maggiore, e dall’Hanriot HD.1. Al 4.11.1918 i Ni.11 non erano più in servizio ma la loro pregressa presenza nei reparti italiani fu capillare, comprese le Sezioni Difesa. Questi reparti furono costituiti, con aerei ritirati dal fronte in quanto sostituiti con tipi più moderni, a protezione del territorio metropolitano più distante dal fronte del nord est ma comunque raggiungibile dalle incursioni aeree nemiche e del litorale adriatico, anche in funzione di supporto al citato blocco del Canale d’Otranto. Il 1.7.1917 venne costituita la Sezione Difesa di Grottaglie con velivoli Ni.11 e personale del Regio Esercito , con una sezione di due aerei dislocata a Brindisi.
Grazie ad una chiara e bella foto di cinque Ni.11 di questa Sezione (già molto nota e pubblicata recentemente sul Dossier n. 36 di Storia Militare (a firma di Luigino Caliaro e Roberto Gentilli dal titolo “L’aviazione italiana nella Grande Guerra Parte 1°” ) è possibile conoscere molto bene l’aspetto di questi caccia di Grottaglie, fatto questo che mi ha spinto a riprodurne uno di loro con il kit in scala 1/32 della ditta ucraina Amodel (distribuita dalla polacca IBG Model). La scelta di questa scala è meno impegnativa di quanto sembri in quanto per le ridotte dimensioni del Bébé, il suo modello una volta assemblato avrà una apertura alare di 23,3 cm. ed una lunghezza di 17,4 cm…non occuperà insomma molto spazio in vetrina…Ho optato per questo kit in quanto è il solo in 1/32 attualmente reperibile sul mercato, comunque un buon prodotto, realizzato in plastica short run. Come tante altre ditte, pure la Amodel sfrutta questo suo stampo per diverse confezioni, nelle quali sono cambiate le decals: nel catalogo della ditta ucraina c’è una scatola dedicata ad un esemplare di costruzione Macchi (con matricola 2132) che, assegnato alla 80° sq. del Regio Esercito di base ad Aiello fu, nei primi mesi del 1917, il velivolo personale dell’asso Alvaro Leonardi. Con lo stesso aereo, decorato sulla fusoliera con il disegno del viso del “Fortunello” (tratto da un popolare cartone dell’epoca di origine americana) sulla coccarda di nazionalità, l’allora sergente Leonardi conseguì il 24.5.1917 la prima delle sue otto vittorie riconosciute (su 10 vantate dallo stesso Asso). La confezione del kit è un po’ fragile tanto che una volta aperta la stessa è meglio evitare di riporre nuovamente all’interno della stessa i pezzi del kit durante la costruzione. Come per tutti i kit in plastica short run il distacco dei pezzi dai telai va fatto con maggiore cautela rispetto ai kits in plastica inietta di produzione non artigianale. Si trovano anche parti che non sono specifiche per il modello proposto e che si dovrebbero usare a seconda del produttore del velivolo che si vuol riprodurre e del tipo di armamento che lo stesso montava.
Il kit è composto da quasi una novantina di pezzi suddivisi fra nove alberi di stampa: il primo è quello con le due semi fusoliere, la paratia anteriore del motore e il pavimento della fusoliera sottostante al seggio del pilota. Al loro interno le due semi fusoliere presentano la riproduzione della costolatura interna della fusoliera; alle stesse, prima di assemblarle fra loro, vanno forati i quattro ingressi dei tiranti dei timoni di profondità e soprattutto quelli dove andranno inseriti i longherono delle ali inferiori.
Secondo telaio per le ali : quella superiore giustamente è in un pezzo unico ed è più larga di due millimetri (difetto sul quale si può soprassedere, tanto non si noterebbe una entuale correzione dello stesso…) mentre i due pezzi per quella inferiore hanno una apertura troppo estesa e se montati come da scatola, avranno la stessa larghezza dell’ala superiore. Al contrario una delle caratteristiche peculiari di tutti i Nieuport dal Ni.10 al Ni. 27 era appunto che la loro rispettiva ala superiore aveva non solo la corda ma anche la apertura sempre più grandi rispetto a quelle dell’ala inferiore…
La correzione in questo caso va fatta aiutandosi con i trittici in scala dei Ni.11 pubblicato nell’ambito dell’ottimo articolo di Alberto Casirati sul medesimo velivolo pubblicato sul numero 3/99 del Notiziario Modellistico del Gruppo Modellistico Trentino; i disegni sono in 1/48 ma si possono portare in 1/32 fotocopiandoli al 150%. Una volta posti i pezzi sul trittico sarà facile asportare con un seghetto da traforo dagli stessi quando di troppo e riportare il tutto alle forme corrette con lime e carta abrasiva per rifinire il tutto al meglio.
Il terzo albero è composto di pezzi che riproducono parti interne del velivolo come lo schienale del sedile che è stato realizzato con un pezzo piatto e che va arcuato piegandolo…Per fare questo e per evitare che si rompesse sotto lo sforzo, l’ho leggermente riscaldato avvicinandolo ad una lampadina accesa…Altri pezzi raffigurano il resto del sedile, l’appoggio della pedaliera; ci sono anche pezzi per l’esterno come i due alettoni , la parte superiore della fusoliera davanti al vano pilota, parabrezza.
La quarta stampata è inerente i timoni di coda , le ruote e tre diversi tipi di elica di cui quella centrale viene indicata dalle istruzioni come quella per il velivolo suggerito dalle decals del kit.
Quinto telaio per due tipi di montanti alari e di cofanature esterne, il serbatoio dell’olio, oltre che per i razzi Le Prieur che pur non essendo suggeriti per il velivolo del serg. Leonardi, furono comunque usati da altri velivoli del Regio Esercito. C’è poi un pezzo che andrà ripiegato per raffigurare, credo, il serbatoio del carburante…
Per la stella del motore rotativo Le Rhone c’è una apposita stampata ed alla fine, lo stesso motore anche se montato come da scatola ma con una buona opera di colorazione, una volta posto dentra la sua avovlgente, cappotta farà una discreta figura.
Una stampata è inerente alle gambe di forza del carrello ed ad alcuni particolari dell’interno del velivolo: il fatto che i pezzi siano così distribuiti senza una logica apparente costringe ad uno oculato studio preventivo del foglio istruzioni…
Le due ultime e più piccole stampate sono dedicate ai vari tipi di armamento che il Ni.11 poteva portate posti sulla mezzeria della ala superiore (in modo da sparare al di fuori del disco dell’elica) e ai vari sostegni dell’arma: anche in questo caso è indispensabile lo studio delle foto dell’esemplare che si vuol riprodurre…
Il piccolo foglio decals ha quattro soggetti in tutto: le due coccarde con il Fortunello e le matricole del velivolo. In effetti la riproduzione delle altre insegne di nazionalità che generalmente portavano i velivoli italiani durante la Grande Guerra, è opportuno farla con mascherature e colori , in quanto si tratta di vaste aree dei velivoli (le superfici inferiori delle alti e i timoni di coda) che venivano dipinti in verde (alla destra del pilota) ed in rosso con il bianco della bandiera nazionale che veniva riportato sui timoni di coda mentre sotto le ali la porzione centrale veniva lasciata del colore originario (Determinazione Ministeriale emanata dai Ministeri della Guerra e della Marina il 28.6.1915 ed entrata in vigore il luglio successivo); spesso anche le cappotte motore erano ridipinte in settori per riprodurre sempre il tricolore italiano, Un problema serio invece sono le coccarde che sugli aerei italiani apparvero a partire solo dall’ottobre 1916, uso poi ufficializzato alla fine sempre del 1916, sopra le ali e sui fianchi delle fusoliere (mentre in precedenza anche agli aerei forniti dalla Francia venivano semplicemente obliterate le coccarde transalpine) in quanto nella prima guerra mondiale la coccarda italiana aveva il verde all’esterno. Invece, sugli SPAD VII e XIII italiani, che venivano forniti direttamente dai francesi a partire dalla primavera 1917, il personale del Regio Esercito si limitò a sostituire su questi SPAD il “bollo” centrale blu delle coccarde transalpine, ridipingendolo di verde ed ottenendo così una variante della insegna nazionale italiana con il rosso all'esterno. Dopo la prima guerra mondiale, dei velivoli usati durante questo conflitto, in Italia vennero conservati integri solo alcuni SPAD, uno dei quali è quello attribuito alla M.O.V.M. Magg. Cav. Francesco Baracca, aereo quindi molto famoso: fu principalmente per questo motivo che nacque la convinzione che la coccarda tricolore portata in precedenza dagli aerei italiani doveva avere il rosso all’esterno e quando l’AMGOT il 21.9.1943 autorizzò la Regia Aeronautica ad adottare una insegna nazionale simile a quella dei velivoli Alleati, fu adottata l’insegna che ancora oggi inalberano i velivoli appartenenti ad enti dello Stato italiano e che quindi è la pià diffusa anche nei fogli decals…Tornando ai velivoli italiani della Grande Guerra, la loro riproduzione in scala ha appunto questo problema della raffigurazione delle coccarde tricolori con il verde all’esterno quando le stesse non sono nella scatola del kit come in questo caso se si vuol fare qualcosa di diverso da quello proposto dalla costruttore del medesimo kit: è un aspetto dell’assemblaggio di questo kit Amodel che affronterò di nuovo più avanti…
La costruzione del modello, una volta effettua la citata correzione dei pezzi dell’ala inferiore, può iniziare come al solito dall’assemblaggio della fusoliera. Malgrado l’elevato rapporto di riduzione in scala, anche a modello finito ben poco si vedrà dell’abitacolo e quindi sarà sufficiente usare i pezzi del kit Amodel con una buona colorazione degli stessi.
Per gli interni ho ritenuto che anche il velivolo che stavo riproducendo avesse una colorazione in color tela (da me riprodotta con lo smalto Humbrol 74 ) con l’intelaiatura in legno come molti altri particolari dell’abitacolo come il sedile del pilota cui vanno aggiunte le cinghie riproducibili anche con nastra adesivo da carrozzerie. Prima di chiudere le semi fusoliere ho inserito del filo di nylon da pesca per riprodurre la tiranteria dei timoni di coda che ho protetto con nastro adesivo da carrozziere per evitare che si danneggiassero o che si sporcassero durante le fasi della costruzione e della colorazione.
L’unione delle due semi fusoliere non è stata semplice al 100%...Se sul dorso ho usato poco stucco per far sparire il segno della linea di giunzione, sul ventre la quantità di stucco che ho applicato è stata più generosa per poter dare uniformità a tutto l’insieme…
Altri problemi all’unione me li hanno creati alcuni dei pezzi che dovevano essere inseriti all’interno come il pezzo 40 (quello che come dicevo sopra dovrebbe essere la riproduzione del serbatoio carburante) che ho dovuto smussare non poco agli angoli e che ho usato non solo per “riempire” il vano abitacolo ma anche come longherone di rinforzo della fusoleria…Altra piccola stuccatura per l’unione del cofano superiore posto di fronte al vano pilota e l’assemblaggio della fusoliera del Ni.11 è completato. Stante le dimensioni del kit e la risicata consistenza degli spinotti di riscontro alla base delle radici alari inferiori, ho inserito nei pezzi 6 e 7 che raffigurano appunto le due ali inferiori, degli spinotti metallici (si ricavano agevolmente dalle graffette ferma fogli ad esempio…) prima di unirle alla fusoliera con una leggera svergolatura delle loro estremità verso l’alto . Sul pezzo 22 che raffigura il pianetto orizzontale dei piani di coda, vanno aperti i fori di passaggio dei tiranti delle parti mobili dei medesimi piani di coda. Sulle ali bisogna realizzare delle incisioni più profonde nei punti dove andranno incollati i due montanti alari Non ci vuol molto per arrivare alla fase della colorazione, anche se è opportuno non incollare l’ala superiore al resto del modello in quanto si dovranno dipingere sotto la stessa le zone con il rosso ed il verde, oltre a realizzare la tiranteria delle stesse ali…
Ho scelto come detto uno degli esemplari di Ni.11 basati a Grottaglie e le cui superfici esterne non sono color tela come gli esemplari forniti dai francesi e i primi costruiti in Italia, ma appaiono più scure. Dalle più recenti ricerche riportate dalla ottima monografia di Marco Gueli dal titolo “I colori degli aerei italiani della Grande Guerra “ edita dal Gruppo Modellistico Trentino di studio e ricerca storica (Trento: ed. G.M.T., 2017 I.S.B.N. 9788898631094) è emerso che la Macchi per i suoi NI.11 , dopo una produzione iniziale, usava per le superfici superiori e laterali dei suoi Bébé un fondo nocciola uniforme che corrisponderebbe al F.S. 16160 mentre per quelle inferiori c’era un color tela (riconducibile al F.S. 17855).
Lo schema in questione era poi completato in fabbrica dalla cappotta motore dipinta in tre settori per riprodurre il tricolore italiano e naturalmente dalle usuali insegne di riconoscimento sotto le ali e sul timone. Per riprodurre questo schema ho dato sul modello la solita mano di grigio chiaro per poi procedere con il nero opaco per la pre ombreggiatura, in particolare sulle superfici superiori delle ali.
Per le superfici che dovevano rimanere nel colore della tela ho passato l’Humbrol 41 ; considerando che quelli delle Sezioni di difesa non erano velivoli nuovi di fabbrica ho ritenuto di passare sul modello una mano irregolare di Humbrol 26 per riprodurre le zone in beige riproducendo già così l’invecchiamento delle stesse superfici. Per le varie zone in rosso e verde del velivolo ho continuato ad usare smalti Humbrol, rispettivamente 153 e 149, il 34 per il bianco del timone e della cappotta motore. Una delle caratteristiche dei biplani Nieuport era quella di avere una bordatura di colore scuro che seguiva il contorno di ali e timoni e fusoliera: Marco Gueli evidenzia che la stessa era in verde scuro (come emerso nel corso del restauro di un Nieuport Ni.10 conservato presso le strutture del Museo di Rovereto) e quindi, dopo aver nastrato tutto il modello l’ho riprodotta con il medesimo Hmbrol 149. Montanti alari e gambe di forza del carrello vanno in color legno con i loro rinforzi in alluminio così come le due guance dietro il cofano motore (erano dei convogliatori per i gas combusti dal motore). Una passata di trasparente lucido acrilico Testor’s Model Master e si passa alla posa delle decals…
L’unica insegna visibile sui Ni.11 di Grottaglie era la classica coccarda nazionale con il verde all’esterno, posta solo sui due lati della fusoliera e non potendo usare quella del kit mi sono dovuto un po’ arrangiare un po’…Ho recuperato dal foglio Isradecals IAF-95 dedicato anche ai Gloster Meteor egiziani due coccarde di dimensioni adeguate appunto con il verde all’esterno, il cerchio mediano di colore bianco e bollo centrale in verde, e le ho posate sul modello del Nieuport Ni.11; fatto questo, da due delle coccarde inglesi del foglio decals del kit Airfix in 1/48 sempre del Gloster Meteor F-8 (che tanto farò israeliano…) ho prelevato il bollo centrale di colore rosso che ho applicato sule due coccarde egiziane…Il risultato?
Due belle coccarde italiche ottime per il Bèbè in 1/32 ! Passaggio di trasparente opaco Kcolors e via alla unione dell’ala superiore ai montati alari: in questa fase ci vuole molta pazienza e un buon collante in quanto il grosso pezzo che raffigura la detta ala non si adatta subito e va un pochino svergolato per portarlo a posto.
Altro passaggio delicato è la posa dei tiranti alari e di coda, riprodotti sempre con filo di nylon da pesca, poi dipinto con un colore acciaio Testor’s Model Master, operazione nel complesso tediosa, ma obbligatoria per tutti i modelli di biplani ed in particolare per uno in 1/32 ma che però alla fine dà un realismo impagabile…Anche in questa fase i trittici del Notiziario GMT sono stati preziosa fonte documentale...
Oltre all’effetto dell’invecchiamento della tela riprodotto come detto con la stesura irregolare dei colori, si devono poi riprodurre nella zona posteriore al propulsore sotto la fusoliera, i trafilaggi d’olio del motore rotativo. Per l’armamento e il castelletto di sostegno ho scelto fra i pezzi del kit quello che più erano più simili alla mitragliatrice e al relativo telaio montati da uno degli esemplari di Grottaglie. Ho terminato la costruzione del kit con l’aggiunta dell’elica, della riproduzione del cavo Bowden che collegava il comando di sparo all’interno dell’abitacolo al grilletto della mitragliatrice e dei cerchioni e delle ruote del carrello , con le ruote un poco limate per riprodurre l’effetto del peso del velivolo a terra. Con questo modello ho voluto ricordare quegli aviatori italiani che pur non essendo sul fronte del nord est, hanno comunque difeso il loro Paese, in reparti sparsi un po’ su tutta la penisola e della cui storia ancora oggi purtroppo poco si sa.
Gabriele Luciani