ALI D’ITALIA – FASCICOLO N. 26  “IDROCORSA MACCHI”
Testo e foto di Gabriele LUCIANI
Si ringrazia la Bancarella Aeronautica per la monografia  fornita in recensione

LEAD Technologies Inc. V1.01

Il secolo appena trascorso si è caratterizzato da due mezzi di trasporto, l’automobile e l’aeroplano, che hanno stravolto il panorama precedente alla loro apparizione e successiva affermazione. L’aereo in particolare ha vissuto una evoluzione che non credo abbia alcun riscontro in altri mezzi di locomozione umana: negli anni 30 esso raggiunse uno sviluppo tale da arrivare ai limiti di velocità che l’uso dell’elica poteva consentire. Un traguardo dovuto anche ad una competizione sportiva riservata agli idrovolanti di cui oggi si è quasi del tutto persa la memoria ma che nei primi anni venti, aveva una rinomanza mondiale, considerati anche i mezzi di informazione dell’epoca. Era il trofeo Schneider , una gara nata nel 1912: ne furono disputate due edizioni nel 1913 e nel 1914, dopo la prima guerra mondiale a cadenza annuale dal 1919 al 1927 (quella del 1924 fu annullata), le ultime due edizioni nel 1929 e nel 1931. Questa gara coinvolse  progressivamente, le aeronautiche militari e gli apparati industriali di Italia, Inghilterra e Stati Uniti e sotto molti aspetti, si può paragonare senza dubbio alla attuale Formula 1 (fra l’altro gli idrocorsa italiani dal 1926 in poi erano di colore rosso come quello che già allora dalla F.I.A. fu assegnata anche alle macchine italiane da Formula 1…). Cesare Balbo, dapprima quadrunviro, poi vicecommissario per l’aeronautica dal novembre 1926, ritenne opportuno di acconsentire ad un sempre maggiore impegno della giovanissima Regia Aeronautica in questa competizione, sia per motivi di prestigio sia perchè intravedeva la possibilità di sviluppare e sperimentare macchine d’avanguardia, non solo per studiarne le relative prestazioni ma anche per una opportuna e successiva ricaduta sulle macchine da costruire in serie. Il gerarca fascista aveva chiara e precisa in mente una strada da far percorrere alla aviazione italiana: agli impegni sportivi ed individuali, dovevano poi seguire  raid ed impegni collettivi con macchine di serie per poi arrivare finalmente ad una aeronautica militarmente efficiente nei suoi uomini e mezzi. Realizzato il secondo step di questo percorso, (la crociera del Nord Atlantico) Cesare Balbo  raggiunse così una popolarità ed un prestigio così enormi da intimorire addirittura Benito Mussolini che ritenne opportuno di “scaricarlo” confinandolo letteralmente in Libia dopo averlo nominato Governatore della stessa colonia…Il non aver completato il progetto di Cesare Balbo fu una delle motivazioni per cui la Regia Aeronautica arrivò alla seconda guerra mondiale con macchine scadenti, con caccia che certo nulla avevano a che vedere con i filanti idro corsa che parteciparono alla Schneider  e che per la maggior parte furono prodotti dalla Aer. Macchi di Varese.


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Museo A.M.I. di Vigna di Valle (Roma): l’M. 72 MM.181 attuale detentore del record di velocità per idro con motore a pistoni (foto A.M.I.)

 A questi famiglia di velivoli, emblematico simbolo di una stagione caratterizzata da successi (la vittoria dell’edizione del 1926 e i vari record di velocità assoluti) ma anche da gravi lutti (non furono pochi i piloti della Regia Aeronautica che persero la vita i voli di collaudo) , la collana Ali d’Italia dedica una monografia particolare, la n.26 che ne esamina dapprima il capostipite, l’M.33 ancora a scafo centrale e motore Curtiss D-12 posto su un castello sopra la fusoliera, e poi la stirpe dei veri e propri idrocorsa, i monoplani ad ala bassa controventata, tutti con motori in linea FIAT (di potenza sempre più elevata) e con due scarponi, ovvero M.39 (vincitore dell’edizione del 1926 disputatasi negli Stati Uniti) , M 52 (protagonista della cocente sconfitta a Venezia del 1927) , M 52 R (con cui si incominciò la rincorsa al record assoluto di velocità per aerei), M. 67 (che insieme ai precedenti due partecipò infruttuosamente alla corsa del 1929), M 72, l’estrema evoluzione  che non fece in tempo a partecipare all’edizione del 1931 venendo quindi utilizzato per la conquista del primato di velocità conseguito il 22.10.1934 ad oltre 700 km/h , rimasto imbattuto per quasi un decennio ed oggi ancora tale relativamente alla categoria idrovolante a motori ad elica. La monografia è a firma di Giorgio Apostolo, noto autore milanese in campo aeronautico che prima di fondare la sua casa editoriale, è stato addetto alle pubbliche relazioni proprio presso la Aer.Macchi : lo stesso Giorgio Apostolo ha avuto modo così di attingere ad una documentazione fotografica di primo ordine che insieme ai corretti piani in scala dei vari idrocora, sono riportati tutti da questa monografia. Il testo dell’opera descrive la nascita e l’impiego di questi velivoli con qualche accenno ai coevi competitori stranieri ed agli altri pochi velivoli  italiani (il Piaggio P.C. 7, il Savoia S.65 ed il FIAT C.29) che tentarono di partecipare alla gara. Non è invece dedicato molto spazio ai retroscena politici che spinsero i responsabili politici e militari italiani ad impegnare la Aer. Macchi nel trofeo Schneider ma la chiusura dell’Opera, richiama quanto successe nella realtà: il patrimonio di esperienze conseguito dalla industria varesina e dalla FIAT che forniva i motori in questa copmetizione, dopo il 1934 fu dilapidato mentre al contrario gli inglesi ne tennero ben conto. Basti confrontare per questo uno dei successivi prodotti della Aer.Macchi, il caccia C.200 realizzato alla fine degli anni 30 ed uno dei velivoli più moderni alla vigilia della 2° guerra mondiale della Regia Aeronautica con uno degli idrocorsa della stessa casa: sembra che ci sia stata un involuzione più che un ulteriore sviluppo nella tecnica … La monografia è completata da trittici a colori e sezioni in scala, di ottima qualità: ci sono infatti i piani in scala 1/72 di tutti i velivoli, oltre ai profili laterali in scala 1/32 (anche quello dell’M 72 è in questa scala e non in 1/48 come riportato dal testo) e a colori degli stessi velivoli. Ci sono anche profili (credo siano in scala 1/100) degli altri idrocorsa stranieri ed italiani , mentre la nota modellistica, opera del socio IPMS di Milano, Marino De Bortoli, non è così particolareggiata come in altre occasioni (non c’è nemmeno una foto di un modello montato o di una scatola…) , anche perché i kits dedicati a questi velivoli sono per lo più prodotti di discontinua reperibilità…Per quanto di mia conoscenza però, l’uscita di questa monografia ha già suscitato l’interesse di almeno due produttori artigianali , uno italiano ed uno straniero, che stanno pensando a delle riproduzioni rispettivamente in scala 1/48 ed in scala 1/72, comunque sempre in resina.


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Il kit Artiplast in scala 1/50 dell'M.72

In plastica iniettata purtroppo non ci sono alternative ai due soli kit dedicati in scala 1/50 ed in 1/72 all’M.72 . Il primo è uscito nel corso degli anni 60 da parte della ditta veneziana
Artiplast che per molti anni era stata l’unica ditta a consentire la riproduzione in scala superiore alla 1/72 di velivoli Italiani…Quello dedicato all’idrocorsa era uno dei migliori prodotti di questa firma ma già alla metà degli anni 80 era difficilmente reperibile anche sotto il marchio SMER, la ditta cecoslovacca che aveva rilevato gli stampi della Artiplast…E’ un peccato perché con poco impegno consentiva di realizzare una più che buona riproduzione dell’M.72 ed anche oggi lo si può tenere in considerazione come una valida alternativa ai molto più costosi kit in resina, malgrado le sue ali un po’ più piccole di quanto dovrebbero essere.  
In 1/72 una ditta italiana, la Delta, all’inizio degli anni 70 propose l’altra riproduzione in plastica iniettata dell’M.72. Dopo pochi anni i prodotti di questa firma sparirono dal mercato: erano quattro kits in 1/72 relativi oltre che all’idrocorsa, all’S.55 X, al Campini-Caproni e al Macchi C.205. In ogni confezione  c’era un interessante libretto con foto e disegni del velivolo (una anticipazione di quanto sta facendo ora la Italeri…) ma la qualità era quella di un mediocre short-run con molti particolari un po’ grossolani e rivettature pesanti: tutto questo non impedì che i modelli della Delta venissero ad avere delle quotazioni paurose (per un S.55 mi furono chieste nel 1986 ben 100.000 Lire di allora !) fino a quando il negozio milanese Al Soldatino, riuscì a recuperare gli stampi e a riproporre sul mercato la produzione Delta con la nuova denominazione Delta 2 e senza il libretto. Il kit dell’M 72 ha una fusoliera e gli scarponi a posto come dimensioni e forme, ma le ali sono troppo corte in apertura alare, i piani di coda sono errati in quanto piccolissimi, l’assemblaggio di quasi tutti i pezzi necessita di molto stucco…Insomma un nuovo kit in plastica iniettata, magari di produzione non short run, sarebbe finalmente benvenuto (si vocifera da anni di un kit short run della ceca Pavla ma fino ad ora, estate 2008, non lo si è ancora visto) …


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Kit Vintage in scala 1/72 dell'M.39

I master della maggior parte dei kits in resina in scala 1/72 sono opera di Luciano Bonardi, attualmente titolare della firma Alitaliane: usciti in precedenza sotto il marchio Vintage e Museum, sono relativi  agli M 39, M 52, M 52 R, M 72. Manca solo l’M 67 che nelle intenzioni di Luciano uscirà presto mentre l’M 33 è una novità 2008. I kits degli idrocorsa a scarponi sono caratterizzati dalla riproduzione delle superfici esterne dei radiatori affidata a pezzi in sottile lamierino d’ottone, sono tutti con le fusoliere divise longitudinalmente e vuote al loro interno. Posti sui piani in scala della monografia di Ali d’Italia denunciano qualche piccola imperfezione: ad esempio le ali dell’M.39 hanno una apertura alare corta, ma nel complesso sono tutte riproduzioni più che accettabili. L’M 33 purtroppo ha una fusoliera molto corta (oltre 4 mm) e la deriva verticale piccola.


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  Kit Vintage scala 1/72 del Supermarine S. 4

Lo stesso Luciano ha realizzato anche altri kits in 1/72 di idrocorsa  come   il Piaggio PC 7 (che tentò di partecipare all’edizione 1929 del Trofeo Schneider) e l’inglese Supermarine S. 4 (sfortunato concorrente dell’edizione 1925). Un altro modello in resina è quello della polacca Karaya dedicato al SIAI Marchetti S.65 (anch’esso non riuscì a partecipare all’edizione 1929). Sempre in 1/72  un kit in plastica iniettata tanti anni fa fu dedicato dall’Airfix al Supermarine S. 6  mentre la Pavla .
Come detto, l’uscita della Monografia n. 26 della collana Ali d’Italia ha già suscitato l’interesse di due ditte produttrici di modelli ma è chiaro che anche l’interessa degli appassionati e degli studiosi di storia dell’aeronautica italiana, non potrà non essere stuzzicato da questo ennesimo prodotto di buona qualità della Bancarella Aeronautica (www.bancaero.it).
Gabriele Luciani