Stuart M 5 A 1 del Reggimento Genova Cavalleria (4°) anni 50
Da kit AFV Club scala 1/35  - cat. AF 35105        
Testo e foto di Gabriele Luciani  
Si ringrazia la Astromodel S.n.c.  per il kit gentilmente fornito  in recensione

 

01

 
Dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, il Regio Esercito cercò faticosamente di riorganizzarsi, recuperando ulteriormente i superstiti armamenti di produzione nazionale ed incominciando a dotarsi anche di materiale usato in precedenza dalle forze alleate di stanza in Italia. Accadeva infatti che al momento del loro rientro in patria, molti reparti alleati lasciavano nella Penisola i loro mezzi, in quanto era ritenuto molto  oneroso portarsi via con sé anche questi che quindi venivano lasciati in estesi campi-magazzini:  denominati campi ARAA, da questi fu poi concesso gradualmente al Regio Esercito, divenuto poi Esercito Italiano dopo il 2.6.1948, di attingere pure carri armati. Quando poi l’Italia aderì al Patto Atlantico, le forniture anglo-americane furono così copiose che le nostre Forze Armate alla metà degli anni 50 raggiunsero il top della loro efficienza ricevendo migliaia di  mezzi corazzati che inizialmente erano ancora prelevati direttamente dai campi ARAR e successivamente erano di nuova produzione.  Fra i vari tipi vanno annoverati i carri leggeri M 3 A 3 ed M 5 A 1: di questi oggi se ne è persa la memoria malgrado questa famiglia di mezzi, nota con il nomignolo di “Stuart”  sia stata molto importante sia per l’addestramento del personale destinato alla Cavalleria blindata italiana sia per lo sviluppo della medesima arma. A partire dal 1948, gli M 5 A 1 infatti furono assegnati agli squadroni destinati all’esplorazione avanzata del campo di battaglia, fino ai primi anni 50 quando gli Stuart vennero sostituiti gradualmente dai carri M 24 venendo riassegnati ai Battaglioni dei Carabinieri. Fra gli Stuart assegnati alla Cavalleria c’erano alcuni dei primi esemplari prodotti, caratterizzati dalla mitragliatrice anti aerea posta al centro ed all’esterno della parte destra della torretta, senza la carenatura curvilinea tipica degli altri M 5 A1 costruiti: una foto di uno di questi primi modelli, con le insegne del mio  Reggimento, il  “Genova Cavalleria” (4°)  è stata pubblicata a pag. 347 della monografia Gli Autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano Vol. terzo (1945-1955) a firma di Nicola Pignato e Filippo Cappellano, edita dall’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, immagine che mi ha dato lo spunto per realizzare in scala 1/35 questo particolare M 5 A1 con  il kit che la AFV Club ha dedicato proprio alla versione in questione. 

02

La ditta di Taiwan è da anni importata in Italia dalla Astromodel di Genova (www.astromodel.it): la linea di prodotti della ditta cinese è principalmente inerente ad una congrua serie di modelli in plastica iniettata ed in scala 1/35 di mezzi terrestri, corazzati, ruotati e cingolati, di diverse nazionalità e relativi ad un arco temporale che va dal 1940 fino quasi ai giorni nostri, scegliendo spesso soggetti o versioni inediti. Allo M 5 A 1 Stuart, della prima versione in produzione, la AFV Club dedica il kit contrassegnato dal numero di catalogo AF 35105 che naturalmente ha alcune componenti in comune con l’altro kit della stessa ditta dedicato allo M 3 A 3. Una nota va dedicata alla cover box del modello in quanto il disegnatore della stessa ha molto opportunamente raffigurato la torretta del carro con la torretta orientata “ad ore 9” in modo tale da evidenziare subito quale è la versione dello M 5 A 1 che si può riprodurre con questo kit.

03

Aprendo la confezione si rimane colpiti dall’elevato numero di parti del modello con cinque telai principali, quattro telai più piccoli, con altre parti del kit che fanno ed altre parti, tutte rispettivamente poste in altrettante bustine di plastica tanto che una volta tolte dalla scatola riesce un po’ difficile rimetterle dentro…Già ad un primo esame si notano le buone caratteristiche di questo stampo: tutti i pezzi sono esenti da ritiri o sbavature e i dettagli superficiali sono veramente tanti e di gradevole aspetto. Inoltre c’è da stare attenti al fatto che la AFV ha inserito su alcuni dei telai del kit dei bulloni suppletivi, alcuni dei quali andranno utilizzati con questo modello, mentre altri andranno tesorizzati per altre occasioni. Il primo telaio, contrassegnato dalla lettera A è inerente alla parte bassa dello scafo del carro che è suddiviso nelle sue parti laterali e nel pavimento.

LEAD Technologies Inc. V1.01

Completano la parte bassa dello scafo alcuni dei pezzi della stampata contrassegnata dalla lettera B e che è identica a quella già presente nel kit dello M 3 A 3 : molte parti di questo telaio alla fine rimarranno inutilizzate ed andranno quindi conservate nella propria banca  dei pezzi…

04

 

Anche la terza stampata, presente in duplice copia nel kit, è identica al telaio con la lettera C del kit dell’M 3 A 3, ma nel kit dell’M 5 A 1 prima versione c’è l’aggiunta di un sub-telaio con le ruote dei cingoli di tipo “pieno” alternative a quelle a raggi e con un tipo diverso di ruota motrice anteriore. I pezzi presenti in questi telai a differenza di quello precedente, andranno utilizzati quasi tutti; per i mezzi italiani le varie foto degli stessi da me esaminate e presenti non solo nella citata pubblicazione di Nicola Pignato e Filippo Cappellano ma anche sul numero B 2 febbraio 1980 di Storia Modellismo (periodico mai troppo rimpianto…), quando fanno vedere con chiarezza  il treno di rotolamento degli Stuart, sembrano asseverare che gli M 5 A 1 italiani avevano tutti ruote a raggi, con certezza comunque le ruote motrici erano sempre quelle del tipo con i denti pieni.

 

05

 

Il quarto albero di stampa contiene le parti per la riproduzione della torretta e dell’armamento principale dello Stuart, oltre a qualche particolare interno della stessa torretta prima fra tutti la riproduzione della radio di bordo. Lo stesso telaio è del tutto identico a quello del kit dell’ M 3 A 3 ma in questo caso i due pezzi riproducenti le  parti principali esterne della torretta vanno integralmente sostituiti con altri presenti in un altro piccolo telaio: le differenze fra questi pezzi sono inerenti per lo più a dei sostegni esterni presenti sulle pareti laterali delle torrette ed è veramente notevole che per questa differenza che potrebbe sembrare in effetti marginale, la AFV abbia addirittura previsto un ulteriore telaio !

06

 

 Alle parti in plastica si accompagno altre di diverso materiale quali i cingoli in vinile, la riproduzione in metallo bianco della canna da 37 mm e del sostegno della mitragliera da 12,7 mm laterale, due pregevoli griglie in ottone foto inciso. L’esame dei cingoli in vinile inizialmente mi aveva un po’ sconcertato in quanto mi sembravano così esili da spezzarsi al primo tentativo di assemblaggio con il treno di rotolamento e sinceramente avevo pensato che l’AFV Club avesse fatto meglio a riprodurli con pezzi in plastica: fortunatamente un volta dipinti ed invecchiati non mi sono apparsi poi tanto malvagi, hanno resistito bravamente a tutte le sollecitazioni della costruzione ed anzi la loro esilità si è rivelata un fattore positivo in quanto se si vuol porre il modello finito in un diorama con terreno ondulato, gli stessi cingoli si adattano veramente bene al medesimo terreno…Altrettanto soddisfacente l’utilizzazione delle due griglie e dei pezzi in metallo.

 

07

 

Altri piccoli telai completano il kit: uno come detto relativo alla torretta, altri due con le parti che completano la parte superiore dello scafo, uno con l’armamento “secondario” del carro, altri due per varie maniglie presenti  all’esterno del mezzo.

 

08


Anche in questo modello come per quello dell’M 3 A 3 si trova un telaio di plastica di colore nero, contraddistinto dalla lettera T. 16 con la riproduzione di due dozzine di maglie dei cingoli: anche in questo caso una abbondanza di pezzi, di cui ne andranno utilizzati solo pochi per la eventuale riproduzione di due cingoli supplementari che a volte erano portati sulle pareti latero posteriori del mezzo.

 

LEAD Technologies Inc. V1.01

Il foglio decals è relativo a ben sei esemplari, nessuno dei quali italiano…Tre sono carri statunitensi, uno francese,uno inglese (tutti impiegati durante la 2° g.m.) ed uno cinese post bellico. Tutti sono in uno schema uniforme in verde oliva scuro con l’eccezione di quello inglese nel deep bronze green. Di questo foglio però, alla fine della costruzione, per realizzare un esemplare italiano non se ne utilizzerà nulla purtroppo…
Le istruzioni sono abbastanza chiare ma, malgrado la presenza di disegni schematici dei telai, sono carenti nell’identificare le parti che andranno utilizzate e quelle da scartare: bisognerà per questo studiare bene le componenti del modello prima di passare all’assemblaggio di questo kit, aspetto sul quale in buona sostanza c’è poco da evidenziare…La costruzione infatti procedere abbastanza facilmente e solo pochi passaggi necessitano di un impegno maggiore…Il distacco dei pezzi dai loro telai è relativamente rapido, lo è un pochino meno per i pezzi maggiormente filiformi come le maniglie più piccole; le micro sbavature di alcuni pezzi si eliminano alacremente con un cutter affilato e non ci sono ritiri o segni di estrattori sulle parti. Per l’interno del carro non ci sono pezzi se non una paratia che separa il vano equipaggio e quello del motore, e solo per l’interno della torretta c’è qualche particolare: è conveniente quindi procedere ad una costruzione che preveda il posizionamento chiuso dei vari sportelli, anche quelli del vano motore; per questi ultimi c’è da evidenziare che sono riprodotti in sei pezzi il cui allineamento ha richiesto alcune limature. Si inizia comunque la costruzione dal treno di rotolamento che può essere assemblato in modo tale che alla fine i vari pezzi riproducesti le varie ruote possano essere lasciate libere senza essere incollate ai relativi perni.

09

 

 Le parti che riproducono la parte bassa dello scafo si assemblano fra loro senza stuccature ed in questo punto l’unico “problema” è quello di ritagliare otto dei bulloni presenti sui telai dei pezzi per inserirli in altrettanti alloggiamenti circolari sul pezzo B 11 che riproduce lo scudo anteriore basso dello scafo. L’unico punto della costruzione di questo kit dove ho dovuto utilizzare dello stucco è stata la giunzione fra i pezzi I 2 ed I 1, una stuccatura resa necessaria in quanto  fra queste due parti il distacco appariva irrealistico se lasciato così come da scatola.

 

10

Altro punto che necessita di attenzione è l’unione delle due griglie in ottone foto inciso sulle due grandi prese d’aria sul soffitto dello scafo motore: prima di tutto, stante il loro spessore molto sottile, vanno distaccate con accortezza dal loro telaio di sostegno per evitare di piegarle malamente; l’unione alle parti in plastica, dato il tipo di materiale (l’ottone), si può fare solo con collante cianoacrilico che va usato con cautela e seguendo pedissequamente le istruzioni del produttore di questo tipo di colla; infine sulle cornici delle due griglie vanno posizionati alcuni dei bulloni stampati sul telaio dei pezzi in plastica, altra unione che si deve fare con accortezza stante le minime dimensioni degli stessi bulloni.

11

Gli M 5 A 1 in servizio con l’Esercito Italiano erano del tutto simili agli altri mezzi in servizio con l’US Army e quindi uguali alla configurazione presentata dal kit della AFV  tranne che per un piccolo particolare, ovvero la presenza di una vanga sul parafango anteriore destro con un piccolo scudo che la tratteneva in sede: ho quindi proceduto a riprodurre questo scudo usando una piccola parte del telaio delle foto incisioni del kit. La costruzione si completa pertanto in poche ore (anche se personalmente preferisco posporre l’assemblaggio e l’unione del treno di rotolamento a colorazione ultimata) per passare alla riproduzione della mimetica di questo Stuart che come al solito, per quanto riguarda i mezzi italiani del secondo dopoguerra, sembrerebbe semplice...

12

Altro punto spinoso nella costruzione di un qualsiasi modello di uno dei mezzi militari italiani usati dopo il 1945 e fino quasi ai giorni nostri, è sempre la adeguata riproduzione del colore verde oliva usato sugli stessi mezzi. In questo passaggio entrano in gioco diversi fattori come la provenienza del mezzo, lo stato di conservazione dello stesso presso i precedenti proprietari, se si è proceduto o meno ad una sua ripitturazione integrale o no quando è arrivato in mani italiane, le tinte utilizzate (ricordo sempre l’indicazione fatta dal Prof. Pignato a pag. 116 della sua monografia “Dalla Libia al Libano” dove precisava che fino al 1983 si utilizzò un cachi-oliva simile al F.S. 24064 e poi un altro verde oliva simile al F.S. 34098 un po’ più scuro) le successive condizioni di utilizzo da parte dell’E.I.. A questo si aggiungono le fasi modellistiche di invecchiamento (come lumeggiature ed ombreggiature varie) che interesseranno il colore utilizzato: alla luce di tutte queste considerazioni sembra quasi inopportuno indicare una tinta da utilizzare in questi casi ma è forse meglio parlare in termini di sensazioni personali…Tornando all’M 5 A1 in servizio in “Genova Cavalleria”, ho notato che la foto che lo ritrae evidenzia uno stato della colorazione abbastanza buona: in realtà il reparto all’epoca era inquadrato nella divisione Mantova, e come oggi, era di stanza a Palmanova (negli anni 80, quando ero in servizio come ufficiale in Genova, la cittadina in provincia di Udine era nota come …Palmatraz!) ed era impegnato in una monotona vita di guarnigione, tesa per lo più alla preparazione del personale alla difesa della famosa “soglia di Gorizia”, compito mantenuto fino ai primi anni 90. Non c’erano quindi particolari momenti impegnativi per i mezzi in servizio, tali cioè da portare a deteriore in modo particolare la loro colorazione al di là di un invecchiamento…direi quasi…naturale della stessa !!! Inoltre gli anni di utilizzazione degli Stuart come già evidenziato non furono moltissimi. Tutto ciò mi ha convinto a non esagerare con l’usura della mimetica di questo M 5 A 1 …

13

Come primo passo dunque, su tutto il modello dell’M 5 A 1 ho steso ad aerografo una mano di grigio chiaro Testor’s a smalto per uniformare le superfici dei vari pezzi utilizzati del kit (plastica, ottone e metallo bianco). Asciugatosi del tutto questa prima mano di vernice, sulla stessa ho passato sempre ad aerografo ed in modo non uniforme delle leggere mani di Humbrol 155 senza coprire al 100% il sottostante grigio chiaro.

14

Per spezzare la monotonia e la eccessiva chiarezza del verde oliva Humbrol 155, ho passato a spruzzo della velature di un altro verde oliva ma più scuro, ovvero l’Humbol 108, anche in questo caso senza movimenti uniformi e lasciando delle zone più chiare, una sorta di…lumeggiatura all’inverso, insomma !!! A questo punto ho dipinto con un grigio scuro le parti gommate delle ruote dei cingoli procedendo con delle lumeggiature  e polveri di gessetto ad invecchiare le medesime ruote. I cingoli sono stati dipinti anche loro prima di essere montati sul modello con alluminio nelle parti metalliche e poi con una passata di grigio chiaro per il loro invecchiamento. Come detto prima alla fine i cingoli, dopo questi trattamenti ed una volta uniti fra loro (ho usato per questa operazione una tecnica forse antidiluviana ma rivelatasi valida ovvero unire i cingoli in vinile con due piccoli punti metallici applicati con una cucitrice…) mi sono sembrati abbastanza realistici e comunque tali da non dover essere sostituiti da un set di cingoli da reperirsi a parte.

 

15

A questo punto ho ritenuto opportuno fermarmi per passare alla riproduzione delle targhe, dell’insegna divisionale e del contrassegno di plotone che erano presenti su questo carro . Questo è il passaggio più difficile di tutta la costruzione per la attuale mancanza di decalcomanie inerenti le particolari dimensioni e caratteri dei numeri di queste targhe utilizzate nei primi anni cinquanta dall’E.I. e l’insegna divisionale… Anche questa volta ho dovuto procedere alla autocostruzione delle decals come già fatto per l’M 3 A 3…

16

Prima di tutto ho realizzato in word tre targhe con la scritta E.I. 107515 (il numero dalla foto non si distingue ma non è tanto di fantasia essendo viciniore a quelli visibili di altre targhe di mezzi simili)  usando il carattere Stencil che ho stampato su carta fino a trovare le dimensioni che mi servivano per riprodurre le dimensioni delle stesse targhe. Grazie ad un amico possessore di una stampante laser a colori che mi ha messo a disposizione tale periferica, ho stampato su un pezzetto del foglio decal Tauro (ovvero un unico foglio trasparente, cod. art. 401) le tre targhe che poi ho ritagliato per porle poi su altrettante striscette di decal bianca (presa sempre da un foglio Tauromodel) già poste sul modello. Sulla posizione di queste targhe sui carri Stuart c’è da dire che le stesse erano poste in tre punti del carro: oltre a quella anteriore posta al centro della piastra frontale bassa del carro, c’erano altre due poste ai lati posteriori dell’ M 5 A 1. Queste due posizioni molto inconsuete erano state scelte molto probabilmente  perché nella piastra posteriore del carro erano posti gli attacchi per gli attrezzi da zappatore in dotazione al carro: evidentemente tali attacchi e la eventuale presenza degli stessi attrezzi non consentiva di dipingere adeguatamente su tale piastra una targa; non credo poi che gli sportelli di chiusura del cofano motore e la piastra loro sottostante potevano essere utilizzati adeguatamente per porvi sopra una targa (i primi dovevano aprirsi e chiudere per la manutenzione del propulsore la seconda perché troppo bassa) . 

17

L’insegna divisionale è stata scannerizzata da un vecchio poster propagandistico dell’E.I. che raffigurava tutti gli scudetti delle varie brigate in vita per tutti gli anni 80: l’ho poi riprodotta come già descritto per le targhe. Con sottilissime strisce di decal bianca ho infine riprodotto il quadrato al cui interno era posto lo scudetto della divisione Mantova di cui Genova costituiva all’epoca il Gruppo esplorante divisionale. Le uniche decals non autocostruite sono state le insegne di plotone presenti sulle fiancate di questo carro tratte dal foglio decals realizzato anni fa dalla milanese RCR che ancora oggi è abbastanza reperibile.

18

Terminata la posa delle decals ho completato la costruzione del kit aggiungendo allo scafo del mezzo tutti i particolari più piccoli e gli attrezzi da zappatore.

19

Come ultimo tocco inerente l’invecchiamento del mezzo, ho passato sempre ad aerografo un po’ di grigio chiaro molto diluito sulle parti più passe dello scafo, con del pennello piatto ho dato, specie sui singoli e sulle ruote, della polvere di gessetti marroni e nero. Pochissime lumeggiature di alluminio su qualche spigolo ha concluso la costruzione di questo kit.

20

In conclusione devo dire che non credo di sbagliare nel definire molto buono questo modello della AFV Club che potrebbe essere un ottimo kit se avesse avuto anche pezzi per la riproduzione dei particolari interni di questo carro  .

Ed ora un confronto fotografico fra i due kits della AFV dedicati all’M 3 A 3 ed all’M 5 A 1:21
A confronto i due kit AFV Club: a sinistra l'M 5 A 1 a destra l'M 3 A 3

 

22
Il confronto fra le differenti parti posteriori dei due scafi

23

24


La vista dall’alto evidenzia ulteriormente le differenze fra i due scafi

Buon modellismo ma soprattutto buon divertimento !!!

Gabriele Luciani