M 14-41 del Gruppo Squadroni Corazzati “San Giusto”
Mariano del Friuli Maggio 1944
Da kit Italeri scala 1/35 cat. no. 6213
Si ringrazia la Italeri S.p.a. per il modello gentilmente fornito in recensione

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Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943,  solo le forze armate della Repubblica Sociale Italiana riuscirono faticosamente a ricostituire reparti dotati di mezzi corazzati, alcuni dei quali combatterono contro le formazioni di partigiani italiani,  contenendole pure molto bene fino al termine della guerra. Altre unità corazzate sempre dell’Esercito Nazionale Repubblicano difesero anche i confini nazionali orientali dall’invasione dell’esercito jugoslavo sotto gli ordini di Tito, preservando così gran parte dell’integrità del territorio e la vita delle popolazioni di origine italiana fino al maggio 1945. Uno di questi reparti fu il Gruppo  Squadroni Corazzato “San Giusto” formato da personale di cavalleria già in servizio presso l’omonima formazione del Regio Esercito che dal 1941 era stata già impiegata durante tutta la campagna Jugoslava. Queste due unità sono state oggetto di una ottima monografia edita nel 2008 dalla Laran Editions (www.laraneditons.be) a firma di Stefano Di Giusto (e presentata tempo addietro nella sezione recensioni di Modellismo Salento). Da questa opera si apprende che il  Gruppo  Squadroni Corazzato “San Giusto”, costituitosi a Fiume il 9.9.1943 ebbe a disposizione dapprima una quindicina di carri leggeri con i quali difese la città fino al febbraio 1944. Trasferitosi a Gorizia, questo reparto dell’Esercito Nazionale Repubblicano si ingrossò arrivando ad essere composto da tre squadroni e nella primavera del 1944 ebbe in dotazione anche molti altri mezzi fra cui 5 carri armati M13/40 ed M 14/41. Spostato ancora a Mariano del Friuli, il “San Giusto” iniziò un impegnativo ciclo di operazioni nell’est del Friuli proteggendo il  goriziano e  rimanendo in armi fino al 28.4.1945. In questo teatro le insidie più pericolose erano le mine che gli slavi nascondevano nel selciato delle strade percorse dai mezzi italiani quando gli stessi erano impegnati nella scorta a convogli motorizzati. Nel corso di una di queste missioni, precisamente in quella del 31.5.1944, sulla strada Gorizia-Aidussina, in prossimità del paese di Dobraule di Santa Croce, alcuni mezzi del San Giusto furono coinvolti in una imboscata tesa loro da militari sloveni che riuscirono appunto con una mina a bloccare un M.14/41 prima serie, cui fu divelto il cingolo destro. L’equipaggio italiano rimasto fortunosamente illeso (riuscì poi a ritornare in sede), abbandonava il carro che qualche ora dopo venne raggiunto  dagli slavi che cercarono di incendiarlo riuscendoci solo parzialmente ed ebbero modo pure di fotografarlo. Il carro (in origine targato R.E. 3631, targa cui venne obliterata con della vernice probabilmente gialla e già prima del maggio 1944 la sigla R.E. ) ebbe gli interni del vano equipaggio e del motore bruciati e rimase sul ciglio della strada per diverso tempo, venendo fotografato da militari  tedeschi  e poi ancora da altri guerriglieri slavi nel novembre 1944. I tedeschi si accanirono contro il povero M 14/41 nella primavera del 1945 utilizzandolo come bersaglio in una esercitazione all’uso dell’arma individuale anticarro Panzerfaust, senza tralasciare però di fare anche loro qualche foto ricordo! Le immagini appena citate sono state raccolte della monografia di Stefano Di Giusto e le stesse sono quindi più che idonee a fugare ogni dubbio sull’aspetto esterno del carro in questione, essendo stato ripreso da diverse angolature. Una circostanza questa che mi ha spinto a realizzare con una certa tranquillità una sua riproduzione in scala 1/35 con il kit Italeri cat. no 6213 che, dovrei dire “nominalmente” è dedicato all’ M.13/40.

 

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Alla fine del 1972 la ditta bolognese, allora Italaerei (la ragione sociale fu cambiata anni dopo per la difficoltà degli anglosassoni di pronunciarla…), regalò ai modellisti il primo modello in plastica iniettata ed in scala 1/35 di un mezzo corazzato di produzione italiana costruito negli anni quaranta. Il kit era dedicato in teoria al carro M 13/40 (la sigla vuol significare carro Medio di 13 tonnellate prodotto nel 1940) ma in realtà i tecnici della Italeri in precedenza si erano recati a Roma, presso il Museo della Motorizzazione Italiana, ed avevano preso come riferimento un M 14/41 (ovvero il modello successivo di carro Medio, di 14 tonnellate prodotto nel 1941 con un motore più potente dell’M13/40) che i responsabili del Museo avevano esibito come M 13/40. All’epoca poi la documentazione sui corazzati italiani della 2° guerra mondiale era limitata ad un libro uscito nel 1968 (“Corazzati Italiani 1939-1945” ed. D’Anna, a firma di Benedetto Pafi e Cesare Falessi) e ad un coevo Profile sull’M 13/40, con una notevole confusione fra i due carri M e le loro rispettive versioni. Un primo intervento chiarificatore fu quello di Bruno Benvenuti ed Aldo Maria Bellei sul Notiziario I.P.M.S. Italia n. 3/1973 che misero ordine sulla materia con un pregevole articolo: da questo e dalla successiva pubblicistica sull’argomento si è potuto  constatare che il carro M 13/40 fu prodotto in tre serie con alcune peculiari caratteristiche esteriori. La prima serie dell’ M13/40 aveva i parafanghi lunghi e dietro i radiatori c’erano due coppie di rulli di scorta, mentre un martinetto era posto sul parafango sinistro poco avanti alla casamatta; infine il tetto della torretta era liscio come la testa collettrice dei radiatori posta fra le due griglie dei radiatori posteriori: questi carri vennero impiegati in Albania e nelle operazioni in Africa Settentrionale alla fine del 1940. La seconda serie aveva i parafanghi che, partendo dalla ruota anteriore, arrivavano solo all’altezza dello spigolo anteriore della casamatta e di conseguenza il martinetto venne spostato dietro, al posto della coppia di sinistra dei rulli di riserva;. Gli M 13/40 della terza serie oltre a conservare le caratteristiche della seconda serie, ebbero la testa collettrice dei radiatori con due alette laterali che le facevano assumere la forma cd. “a fungo” ed al centro del soffitto della torretta veniva posto un rigonfiamento quadrangolare per consentire una più comoda manovrabilità in senso verticale del cannone .  I carri M 13/40 della seconda e della terza serie vennero impiegati in Africa Settentrionale e comunque tutte le versioni degli M 13/40 hanno le griglie dei due radiatori disposte in senso longitudinale ovvero parallelamente alla lunghezza del carro. Al termine della produzione dell’M13/40 si decise l’adozione di un motore più potente: le dimensioni del carro rimanevano inalterate ma il peso aumentava di una tonnellata per cui il nuovo carro venne denominato M14/41. Di questo modello ne vennero prodotte due serie entrambe caratterizzate dal ritorno dei parafanghi lunghi come la prima serie dell’M 13/40 (forse da questo era sorta la confusione fra i due carri…); in alcuni carri della prima serie degli M 14 le griglie dei due radiatori erano disposte trasversalmente rispetto alla lunghezza del carro. E’ la prima serie dell’M 14/41 che è stata la protagonista italiana insieme al semovente 75/18 su scafo M 41 della battaglia di El Alamein. La seconda serie dell’M14/41 aveva la caratteristica di avere su ognuno dei due parafanghi due costolature a forma di X e le griglie dei due radiatori  erano disposte trasversalmente rispetto alla lunghezza del carro : questi carri vennero impiegati nelle ultime operazioni in Africa Settentrionale anche se oramai si preferiva puntare sui semoventi che furono i mezzi corazzati di produzione italiana che meglio si disimpegnarono contro i carri avversari, anche contro gli Sherman. Sull’M 14/41 infine, dietro la ruota motrice, poteva esserci anche una leva caccia fango. Ulteriore sviluppo della famiglia fu infine il carro M15/42, più lungo e con cofani motore e radiatori molto diversi rispetto ai precedenti , con motore a benzina (gli M 13 e gli M 14 erano diesel) , armamento principale in torretta di poco superiore (il 47/32 utilizzato in precedenza venne sostituito dal 47/40) mentre le due mitragliatrici per la difesa ravvicinata erano sempre da 8 mm.  Molti carri medi delle varie versioni erano rimasti in Italia e dopo l’armistizio vennero recuperati e riutilizzati dall’E.N.R. e da altre formazioni armate della R.S.I.. I responsabili dell’epoca del Museo della Motorizzazione, evidentemente non conoscendo tutte queste sottigliezze tecniche che distinguevano i due tipi di carri, ebbero l’idea di prendere un M 14/41 seconda serie e con leva caccia fango e di fargli recitare la parte dell’M13/40 (forse volevano rappresentare un carro medio italiano con i parafanghi lunghi impiegato ad El Alamein e non erano a conoscenza del precedente impiego in Albania dellM13/0…) spostando il martinetto sulla parte anteriore del carro e mettendo al suo posto una coppia di rulli: fu così che fu trovato dai tecnici dell’Italaeri e questo erroneo mix venne ripreso pari pari dal modello in scala 1/35 (e dall’omologo kit della Tamija…) e dal successivo kit dedicato al semovente da 75/18 (ovvero un M 41 venduto sempre come semovente 75/18 su scafo M 40…). Il modello quindi, malgrado fosse dedicato all’M13/40, in realtà, sia pure con alcune correzioni (martinetto messo al posto della coppia di sinistra dei rulli riserva), è molto più idoneo alla riproduzione di un M 14/41 con la leva caccia fango e le griglie dei   radiatori  trasversali.            

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Dalla sua uscita nel 1972, quando il suo numero di catalogo era il 213, il kit è stato tolto e re-immesso nel listino più volte ed addirittura a metà anni 90 venne prodotto dalla russa Zweda, ma lo stampo è rimasto sempre inalterato e ancora oggi non dimostra segni di affaticamento; fra l’altro sul foglio istruzioni del modello in una riedizione degli anni 80 comparve la foto del carro alterato che i tecnici Italerei presero in esame a Roma. I telai che compongono il modello sono sempre tre con l’aggiunta dei cingoli riprodotti in vinile:  negli anni 70 le case costruttrici di modelli di carri armati volevano consentire al treno di rotolamento degli stessi modelli di ruotare e conseguentemente le maglie dei cingoli erano in un pezzo unico; inoltre tutte le ruote potevano girare sui loro perni senza essere incollate ed addirittura la Tamija produceva un motorino, il famigerato Mabuchi che faceva muovere autonomamente alcuni dei modelli prodotti dalla ditta giapponese, motorino che molti utilizzavano invece più appropriatamente come miscelatore di vernici !!!   Tornando al kit Italeri, adesso  con il numero di catalogo 6213, la prima stampata, contraddistinta dalla lettera A, contiene il pavimento e le pareti laterali bassi dello scafo che sono riprodotte in un unico pezzo, i parafanghi, il cofano motore e le griglie dei radiatori, i distanziatori delle ruote di rinvio, le paratie anteriori e posteriori dello scafo, le due casette poste dietro il vano equipaggio.

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La stampata con la lettera B è inerente  al complesso dei treni di rotolamento dei  cingoli con qualche altro particolare del carro ed un mediocre figurino di  un carrista italiano. 

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Da sottolineare in questa stampata la presenza di quattro pezzi che riproducono i  “galletti” utilizzati per tenere bloccati i due sportelli del cofani motore: evidenziano la qualità raggiunta nel 1972 dagli stampisti dell’allora Italaerei: all’epoca furono notati e molto apprezzati dai modellisti italiani ed esteri che incominciarono ad identificare, anche per questi particolari, i prodotti della ditta bolognese come sinonimo di una alta qualità…

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I cingoli come detto sono in vinile e riproducono con una buona precisione l’aspetto di quelle reali. Per unire i due capi, le istruzioni del modello suggeriscono di utilizzare la parte metallica di un cacciavite riscaldata con una fiamma anche se io preferisco in questi casi utilizzare una cucitrice con due punti che in questo caso possono mascherarsi mettendo i cingoli in modo tale che gli stessi punti siano proprio sotto i parfanghi…

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Mentre le due stampate A e B ed i cingoli sono comuni al successivo modello del semovente da 75/18 sempre realizzato dopo pochi anni dall’Italaerei, la terza stampata è peculiare del carro armato in quanto ne riproduce la torretta e la parte superiore del vano equipaggio. Questo è per il 75% in un pezzo unico e presenta, in corrispondenza del soffitto del vano delle due mitragliere da 8 mm, l’unico ritiro del kit e l’unica componente che costringerà ad intervenire con lo stucco: questo modello è uno dei pochissimi la cui costruzione è al 99% esente da stuccature !!! In questa stampata vi è poi un pezzo circolare che le istruzioni ora dicono di omettere: questo in origine serviva alla riproduzione del soffitto del Carro Comando (che era senza la torretta) dei semoventi che all’inizio venivano impiegati come pezzi di artiglieria, ovvero per lo scopo per cui erano stati progettati. Il problema è che la configurazione del soffitto fornita dal kit Italaerei era solo quella del prototipo del Carro Comando sviluppato su un M 13/40 terza serie. I carri comando prodotti e distribuiti ai reparti avevano invece un soffitto con quattro sportelli e in quelli su scafo M 14/41 e M 15/42  l’armamento era una mitragliatrice da 13,2 mm.
Purtroppo per l’interno del mezzo il kit non fornisce niente e quindi il fatto che si possa montare in posizione aperta gli sportelli della torretta e quello laterale del vano equipaggio, è una opportunità poco sfruttabile se non si ricorre a dei sets di miglioria e dettaglio…

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Il foglio decals del kit nel corso delle varie riedizioni Italeri ha avuto alcune costanti riproponendo anche oggi alcuni soggetti presenti fin dal 1972. I carri del Regio Esercito erano targati quasi come le automobili ma nel caso degli M 13  le targhe anteriori non erano portati dai mezzi se non dopo il 1941. Il foglio decals è per cinque carri e precisamente:

  1. R.E. 3010 : la targa dovrebbe appartenere ad un M 13/40 della seconda serie e questo esemplare compare per la prima volta nel foglio decals in questa ultima riedizione del kit Italeri dove la stessa targa viene abbinata ad un carro appartenente al 132 rgt della div. Cor. Ariete, dipinto tutto in giallo sabbia chiaro;
  2. R.E. 3571 : la targa è quella di un M 14/41 prima serie che le istruzioni del kit indicano come appartenente ad un reparto di stanza in Italia nel 1942 e dipinto in uno schema mimetico (giallo sabbia di fondo e macchie di colore bruno rossiccio e verde medio) adottato in realtà nell’estate del 1943…
  1. R.E. 3583 : anche in questo caso la targa è quella di un M 14/41 prima serie che le istruzioni del kit indicano come abbinata ad un carro appartenente al 132 rgt della div. Cor. Ariete, dipinto  in giallo sabbia chiaro con macchie filiformi e trasversali di colore più scuro (forse in verde oliva)
  2. R.E. 3704: le istruzioni del kit non lo prendono in considerazione ma questo esemplare è sempre presente nel foglio decals del kit fin dal 1972 ; la foto di questo carro apparve sul numero 3 anno 1973 del notiziario IPMS; è un M 14/41 prima serie del 131 rgt. dipinto tutto in giallo sabbia chiaro catturato dagli inglesi ad El Alamein
  3. Esemplare reimpiegato dagli australiani: diversi M 13/40, principalmente delle prime due serie costruite furono catturati intatti dalle forze armate australiane in Libia nel 1941 e riutilizzati dopo aver dipinto sulle fiancate e sulle torrette dei carri dei grossi canguri bianchi; la colorazione di questi carri era ancora in un verde medio scuro.

Nel foglio decals si trova anche un disco bianco che i carri italiani portavano sul soffitto della torretta  quale distintivo ottico di riconoscimento da parte dell’aviazione amica e che sarà l’unica decal che si potrà utilizzare per la riproduzione del carro del San Giusto.

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Dalla metà degli anni 90 alcuni produttori artigianali hanno dedicato le loro attenzioni al kit dell’Italeri come ad esempio la R.C.R. di Milano con un set di foto incisioni che comprendeva fra l’altro la riproduzione delle griglie dei radiatori dell’M 13/40 o altri che producevano micro set per realizzare i carri comando o l’M 15/42 e per riprodurre gli interni. Attualmente Model Victoria produce diversi set di miglioria e dettaglio e per l’M14/41 che ho voluto riprodurre ho ritenuto opportuno utilizzare due sets della ditta friulana, il primo dei quali è il set 4034 che riproduce in resina e maglia per maglia i cingoli dei carri M: la differenza di qualità rispetto ai pezzi in vinile presenti nel kit è veramente notevole, non solo per la  migliore riproduzione dei singoli elementi dei cingoli ma anche perché si evita di riprodurre gli stessi in una configurazione un po’ irrealistica come quella di un cingolo del tutto teso…I cingoli della Model Victoria hanno alcune piccole sbavature di resina ma si liberano facilmente da tali residui ed anche dagli alberi di stampa e cosa molto importante, si possono assemblare ad incastro senza colla, seguendo solo il foglio istruzioni allegato ! 

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L’altro set utilizzato è quello con il numero di catalogo 4072 che riproduce tutta la torretta del carro.

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Nella confezione si trovano 12 pezzi di ottima resina che sostituiscono integralmente gli analoghi pezzi del kit Italeri con la particolarità di fornire come pezzo separato  il rigonfiamento quadrangolare presente sul soffitto delle torrette dei carri M 14/30 terza serie e degli M 14/41.

 

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Il confronto ravvicinato fra la torretta in resina di Model Victoria e quella del kit Italeri fa capire perché è opportuno ricorrere alla prima: questa è infatti più precisa nel riprodurre le forme e dimensioni di quella vera, specie nella inclinazione delle piastre laterali. Assemblare i pezzi in resina fra di loro ed unirli poi allo scafo del kit sono operazioni che richiedono veramente pochi minuti. Ho iniziato quindi la costruzione del modello con l’eliminazione dei pezzi del kit che andranno sostituiti dalle  corrispondenti parti della Model Victoria e con la pulizia di alcuni pezzi che presentavano alcune piccole sbavature ad esempio quelle sulle balestre, per poi partire con l’assemblaggio dello scafo, omettendo però di unire allo stesso i treni di rotolamento e le ruote motrici e di rinvio dei cingoli: questo per essere più “comodo” nella colorazione e successivo invecchiamento delle stesse componenti e dello stesso scafo. Da notare che ancora adesso le attuali istruzioni del kit riprendono i disegni della prima edizione con delle frecce bianche per i pezzi che non andavano incollati per consentire ai cingoli ed alle relative ruote di muoversi…
Ho assembrato con facilità i pezzi che compongono lo scafo e le pareti del vano equipaggio, riscontrando qualche piccola difficoltà solo con il pezzo 2a (la copertura anteriore-superiore del vano trasmissione) nel punto di giunzione dello stesso con il pezzo 4 c (ovvero le pareti laterali del vano equipaggio): ho dovuto inserire all’interno dei medesimi un piccolo listello di plastica per dare maggiore solidità alla loro unione.

 

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In generale, nel corso della costruzione dello scafo del carro, sono riuscito ad evitare quasi completamente l’utilizzazione dello stucco, sfruttando anche le caratteristiche di elasticità della plastica del kit che ha reagito molto bene con la trielina che solitamente uso come colla liquida e con il collante ciano acrilico.
Ho quindi concluso in poco tempo questa fase per poi potermi dedicare alla riproduzione dei particolari della prima serie dell’M 14/41.

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Prima operazione è stata l’eliminazione delle due leve cacciafango e dei rilievi presenti

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dietro l’alloggiamento delle due ruote motrici per il posizionamento delle medesime leve in quanto il  carro del San Giusto non presentavi tali particolari.

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Ho eliminato il perno per il rullo di riserva sinistro e non ho messo il martinetto in quanto lo stesso non era presente sul carro al momento in cui furono scattate le foto.

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Ho riprodotto con dei pezzi di lamierino sottile ricavati da residui di set di fotoincisioni utilizzati in precedenza per altri kits (mai buttate nulla !) i sostegni posteriori dei parafanghi

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La modifica più impegnativa però è stata il rifacimento delle griglie dei due radiatori: quelle del kit sono trasversali e quindi relative ad un M 14/41 della seconda serie e vanno quindi eliminate perché come si vede dalle immagini lo scafo del carro del San Giusto è della prima serie con le griglie parallele alla lunghezza del carro. Per riprodurre le griglie ho usato del filo di rame di spessore adeguato incollate ad una ad una con collante ciano acrilico. 


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Anche le marmitte vanno modificate eliminando i rilievi presenti sulle stesse.

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Altri particolari rilevanti all’esterno del kit sono i quattro tralicci porta taniche presenti sulla parte laterale destra del mezzo: gli ho riprodotti utilizzando quelli presenti nel kit Italeri in scala 1/35 della AB-43, aggiungendo gli anelli presenti sulla sommità di tali tralicci ricavandoli da filo di rame. Ho eliminato gli attrezzi da zappatore (anche questi non c’erano) ed ho così terminato la costruzione del kit per passare alla colorazione del modello, stendendo una mano di grigio chiaro a smalto per evidenziare eventuali anomalie e per dare una base uniforme alla vernice che dovrà riprodurre la colorazione del mezzo,  per via della differente natura dei materiali impiegati ( torretta in resina – scafo in plastica). 

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La colorazione di questo M 14/41 era quella usuale dei carri italiani fino al 1942, ovvero quella uniforme in giallo sabbia su tutte le superfici:  io la riproduco con lo smalto Humbrol 93 che ho steso in modo non uniforme e senza arrivare a coprire al 100% il precedente grigio (una specie di preshading insomma !) per simulare zone dove la vernice si era schiarita per l’azione degli agenti atmosferici.

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In genere i carri italiani non presentavano molte abrasioni della vernice tanto da evidenziare il metallo delle lamiere: ho quindi evidenziato qualche scrostatura solo sui bulloni, per lo più sul treno di rotolamento dei cingoli e sulle zone di calpestio limitrofe ai predellini d’accesso dell’equipaggio.

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Le insegne del mezzo erano:  il disco bianco presente sul soffitto della torretta che ho ricavato utilizzando la decals del kit …

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…un tricolore italiano con all’interno una sagoma nero di un carro M  inclinata verso sinistra che era l’insegna di reparto del San Giusto: questa insegna nel tempo ebbe diverse configurazioni e purtroppo al momento non ci sono decals che riproducano correttamente quella inalberata da questo M 14/41…Ritenendo che un modello con una decal sbagliata sia meglio di uno senza, ho preferito adoperare ugualmente quelle del foglio RCR dedicata ai carri italiani della seconda guerra mondiale.  La targa anteriore del mezzo non era stata ancora applicata del tutto, c’era solo un rettangolo bianco senza numeri.

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Dietro la torretta c’era un altro piccolo tricolore italiano senza altri particolari: io ho ricavato tale bandierina da una decal dedicata alle insegne in fusoliera dei velivoli A.N.R. , ritagliandone i bordi dentellati di colore giallo.

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La targa posteriore del mezzo era stata modificata con la obliterazione della sigla R.E. con una passata di vernice gialla: io ho realizzato la medesima targa partendo da una di quelle del kit cui ho variato alcuni numeri .


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Dopo aver applicato le decals ho proceduto ad invecchiare la parte bassa dello scafo con polvere di gessetti di colore nero e marrone, passando poi ad unire i treni di rotolamento dei cingoli, naturalmente invecchiando anche loro; i cingoli Model Victoria si sono adattati perfettamente al modello Italeri conferendogli un notevole tocco di realismo.

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Con passaggi ad aerografo di colore nero molto diluito nelle zone posteriori limitrofe al motore e di grigio chiaro un po’ su tutto il carro, ho completato la costruzione del modello di questo M 14/41 del Gruppo Corazzato San Giusto nel maggio del 1944. Per chi poi volesse realizzare un carro medio italiano, la documentazione oggi è molto più abbondante e reperibile che in passato: si può suggerire ad esempio il secondo volume dell’Opera “Gli autoveicoli da combattimento dell’esercito italiano – 1940/1945” edito dall’Ufficio Storico dell’Esercito Italiano a firma di Nicola Pignato e Filippo Cappellano, due noti e valenti autori; degli stessi si possono indicare altre monografie sui corazzati italiani edite ad esempio da Albertelli di Parma od altre oggi un po’ difficili da reperire…

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In conclusione con poco sforzo ma sempre aiutandosi con una buona documentazione, per procedere alle necessarie correzioni, si può realizzare una interessante serie di modelli di carri italiani partendo dal vecchio kit Italeri che bene o male i suoi lati positivi ancora oggi li dimostra !
Gabriele Luciani