LOCKHEED F 5 E-2 “PHOTO LIGHTNING"

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KIT  ITALERI   1/72
di ANDREA VIGNOCCHI

 

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Il successo ottenuto dalla RAF trasformando il suo miglior aereo da caccia, lo Spitfire, in fotoricognitore, convinsero l’alto comando USAF a seguire la stessa strada. Tra tutti i caccia americani, il più idoneo risultò subito il P 38, per vari motivi: la velocità (675 km/h) la quota raggiungibile (13.400 mt), l’ autonomia di 1.890 km, tutti dati relativi al  P 38 J. Altro fattore determinante fù la semplicità della trasformazione: rimuovendo il potente armamento dal muso, si otteneva un capiente vano in grado di alloggiare svariate combinazioni di fotocamere, sia a ripresa verticale che obliqua trigonometrica. I risultati furono ottimi: in pratica da ogni versione del P 38 fù ricavata la corrispondente da ricognizione. Il numero totale dei ricognitori non è certo, ma sicuramente oltre 300 esemplari furono prodotti ed impiegati su tutti i fronti di guerra. Velocità è quota li rendevano assai difficili da intercettare e, anche se disarmati, le perdite di questi aerei  furono minime. Possiamo considerare per questo il P 38 uno dei migliori aerei del genere assieme a Spitfire, Mosquito, JU 388 e Mitsubishi Dhjna. Al termine del conflitto erano ancora in servizio diversi F 5 A e B, cioè le prime versioni prodotte in grande serie. Anche Francia, Cina e Australia utilizzarono questo aereo durante il conflitto, e successivamente Francia e Italia li utilizzarono ancora operativamente.

MODELLO.
Il P 38 Italeri è una riedizione del modello Dragon, con tutti i pregi e i difetti tipici di quella produzione: buon dettaglio, fini incisioni e rivettature in negativo, ottimi trasparenti, dimensioni corrette, ma anche la solita imprecisione negli incastri, che rende il montaggio impegnativo, richiedendo grandi stuccature ed aggiustamenti, particolarmente riguardo alla giunzione tra i travi di coda e il cassone alare che sostiene la gondola centrale. I bordi di uscita sono spessi e andranno assottigliati, alcune linee mancano, ed altre vanno eliminate. Anche il bordo inferiore delle derive non è corretto e và rettificato con un inserto di plasticard. La plastica ha poi il solito aspetto granuloso che và eliminato carteggiando l’ intero modello. Niente di insuperabile, con un po’ di attenzione si otterrà un ottimo risultato.

La conversione.
Le modifiche principali si concentrano sul muso: si inizia spianando la parte inferiore carteggiandola su un piano pari (foto1). In seguito, con le lime, si rifinisce l’ apertura su cui andrà installato un pezzo di acetato trasparente (foto2). Con stucco bicomponente Tamiya si chiudono i fori delle armi e le feritoie di espulsione dei bossoli, e col plasticard si autocostruiscono le due carenature a goccia delle finestrature per le fotocamere oblique (foto 19). Altri due pezzi di acetato vanno fissati nelle aperture, e una piccola presa d’ aria andrà aggiunta appena davanti alle finestrature per le macchine fotografiche sotto al muso. Due fanalini della Tron per automodelli, verniciati con Clear Red X 27 Tamiya incastrati in un tubo di plasticard simuleranno gli obiettivi, e dopo aver installato una parete divisoria si fissa il trasparente (foto 20). Anche le antenne cambiano: quella sotto al muso passa nella parte anteriore superiore, mentre sotto la gondola centrale bisogna aggiungere l’ antenna circolare del radiogoniometro, tipica dei fotoricognitori.

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foto1

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foto2

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foto 19

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foto 20

Interni.
Il set di dettaglio Aires è per il kit Hasegawa e và adattato, in particolare accorciando le pareti laterali e assottigliando i bordi dell’ abitacolo del kit. Il supporto del cruscotto è stato rifatto in plasticard mentre il seggiolino è stato dettagliato col supporto posteriore, il cuscino in stucco e le cinture in fotoincisione (foto 3). Dopo varie prove a secco la vasca dell’ abitacolo si inserisce perfettamente (foto 4). Ora è il momento di dedicarsi al vano fotocamere che è completamente in scratch: numerose foto sono state necessarie per riprodurre la struttura e scegliere la combinazione di fotocamere: io ho scelto quella con una camera K17B da 6 pollici  ed una K 22 da 40 pollici, entrambe a scansione verticale (foto 5). Data la scomposizione longitudinale della vasca, la parete interna del vano serve anche a mascherare la linea di giunzione (foto 6). La struttura a traliccio anteriore che sostiene le fotocamere è in sprue stirato e rod da 0,5mm. Numerose prove a secco saranno necessarie per ottenere un assemblaggio perfetto (foto 7). E’ il momento di colorare gli interni, con la mia solita solita tecnica dei contrasti e delle lumeggiature (foto 8,9,10).

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foto 3

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foto4

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foto 5

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foto 6

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foto 7

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foto 8

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foto 9

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foto10

Motori.
Non pago del vano fotocamere, ho voluto aprire anche il vano motore sinistro: il motore Allison dell’ Aires è stato dettagliato con varie tubature e cablaggi. La parete tagliafuoco davanti al vano carrello è in scratch, così come tutti gli accessori fissati alle due parti della gondola (foto 11). Tutte le cornici dove sono fissati i portelli vanno installate in parte prima dell’ assemblaggio, e in parte dopo (foto12). Dopo un’ attenta colorazione il motore trova posto nella sua gondola (foto 13,14).

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foto 11

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foto 12

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foto 13

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foto 14

Vani carrelli.
I 3 vani sono stati dettagliati con centinature in plasticare, cablaggi e condutture in filo di rame e stagno. Le ruote sono in resina (foto 15,16). L’ assemblaggio dei vani nei travi alari è stato problematico: spessori in plastica e stucco sono stati impiegati in abbondante quantità (foto 17).

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foto 15

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foto16

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foto17

Assemblaggio.
I problemi non sono mancati, i due travi si assemblano malissimo sul pezzo centrale: plasticard, attack, stucco, un lavoro di aggiustaggio con le lime e carta abrasiva, seguito dalla reincisione di tutti i dettagli andati perduti, sono stati necessari per una buona finitura. Vorrei sottolineare quanto la preparazione ed il montaggio siano passaggi essenziali: inutile aprire ogni vano se poi le stuccature o la reincisione lasciano a desiderare (foto 21,22).

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foto 21

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foto22

Colorazione ed invecchiamento.
Prima si mascherano tutti i vani, i trasparenti, e i due pannelli ovali all’ interno delle gondole motore (questi erano in alluminio, lucidati a specchio per consentire al pilota di controllare il funzionamento del carrello). Ho utilizzato per questi pannelli l’ alluminio adesivo Bare Metal Foil rifilato a misura e mascherato con micro Mask. Ora si stende una mano di grigio chiaro Tamiya utile sia come fondo che per controllare che non ci siano difetti di montaggio (per quanto mi impegni ne trovo sempre). Visto che il colore acrilico Tamiya ha un aspetto troppo granuloso, un ottimo sistema per lisciarlo è la  spazzolatura. Quando è ben asciutto, si passa con un grosso pennello dalle setole un po’ dure procedendo con delicatezza (foto 23). Tutto il modello diventa liscio e privo di imperfezioni. Per prima cosa si effettua un preshading (foto 24) con un grigio scuro, poi si dipinge il bianco delle invasion stripes, e dopo la mascheratura si ottengono le strisce nere. Non è necessario impazzire per ottenere un risultato perfetto: molte foto dimostrano quanto queste strisce fossero grossolane. Sui travi di coda le fasce nere sono sensibilmente più larghe di quelle bianche, come da profili e foto. Dopo aver mascherato le invasion stripes è il momento dell’ azzurro: anche se il foglio decal diceva che l’ esemplare scelto da me era colorato in Sintetic Haze, una ricerca più approfondita ha dimostrato che il colore usato dalla fine del ‘43 in poi era il PRU Blue (Aeromaster 1117): questa tinta fù scelta a causa del degrado di cui soffrivano le precedenti vernici. Volendo riprodurre un esemplare piuttosto usurato era necessario schiarire notevolmente il colore di base: questi aerei, volando prevalentemente ad alta quota, subivano un notevole schiarimento del colore che finiva per assomigliare ad un grigio-azzurro chiaro. Molte prove sono state necessarie per ottenere la tonalità soddisfacente per un aereo non ancora completamente sbiadito come volevo riprodurre (foto 23 bis). Dopo aver steso una prima mano del colore di base con miscele più chiare e più scure ho ombreggiato tutto il modello (foto 24 bis). Dopo una passata di trasparente lucido aeromaster (foto 25) ho applicato le decals ed effettuato il lavaggio ad olio con un colore grigio scuro (foto 26). Dopo aver opacizzato il modello si può finalmente iniziare a togliere le mascherature (fase sempre molto appassionante, che permette di ammirare il lavoro terminato) (foto 27,28,29) Le tracce di scarico dei motori, molto evidenti sui travi di coda, le ho fatte prima ad aerografo, con grigio chiaro giallastro, poi rifinite a drybrush. Anche gli scarichi dei turbocompressori sono trattati in modo analogo, così come le colature dei serbatoi e le striature sulla mimetica. Il montaggio dei vari portelli, dei carrelli e delle antenne completano il modello (foto 30,31,32,33). In un prossimo fotofile sarà mostrato il diorama finito con il modello ambientato.

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Collocazione storica.
Il velivolo è inquadato nel 33 Photo Reconaissance Group della 9° air Force nel tardo giugno 1944 in Inghilterra.
Documentazione:
Walk Around P 38
P 38 in action, Detail e scale vol. 58 P38 part III
P 38 Delta Editrice,
American Eagles P 38 Units of the 8° & 9° Air Force
Aerei nella storia n.11 e n. 29

Buon Modellismo da Andrea Vignocchi