Dora Wings- Savoia-Marchetti S.55 'Record Flight' - scala 1/72 cat.no.72015

s.55Certamente l'evento modellistico più importante dell'anno 2019 per gli appassionati che riproducono in scala velivoli italiani, è il nuovo kit del SIAI Marchetti S.55 in 1/72 ed in plastica , prodotto dalla ditta ucraina Dora Wings e inerente i primi esemplari prodotti di questo famosissimo idrovolante degli anni trenta.

Foto e testo di Gabriele Luciani

 

Nella storia  dell'aviazione italiana ci sono alcuni velivoli che si possono definire delle "icone" dei loro tempi, ma il caso dell'idrovolante SIAI Marchetti S.55 è ancora più particolare in quanto lo stesso è arrivato pure ad occupare, negli anni trenta, una posizione propria anche nell'immaginario mondiale. Tutto nasce da una speciifica emanata nel corso del 1923 e rivolta alle industrie nazionali, da parte dei responsabili della neo costituita Regia Aeronautica, per la realizzazione di un idro volante adatto alla funzione di aerosilurante a lungo raggio: la SIAI , con il suo progettista Ing. Alessandro Marchetti, propose quindi l'S.55 un velivolo caratterizzato da diversi aspetti molto moderni, prima fra tutti l'essere un mono plano. La configurazione dello stesso S.55  era tale che lo si poteva definire a tutti gli effetti un "catamarano alato"  con due corti scafi collegati fra loro dal pianetto centrale delle ali, una pianetto dove era ubicato il vano piloti e sotto il quale trovava posto l'armamento di lancio (una soluzione molto razionale ed efficente). Motori (posti in tandem al di sopra ed al centro delle ali in una struttra esterna)  e piani di coda erano inoltre collegati al resto dell'aereo con dei tralicci: un insieme di soluzioni tecniche che dava allo stesso S.55 un innovativo aspetto aerodinamico, anche se la costruzione era tutta lignea,  ma che fu però tanto mal digerito dalla Commissione ministeriale preposta all'adozione del nuovo aerosilurante per la R.A. che il velivolo fu sonoramente bocciato anche per via della insufficiente potenza dei  propulsori adottati sui due prototipi. Malgrado  questo inziale insuccesso, la ditta e il suo progettista non abbandonarono la produzione del loro S.55 riproponendolo nella variante C  (con 4-5 posti per altrettanti passegger in ciascuno dei due scafi) come velivolo per trasporto civile: negli anni 20 si era infatti convinti che la migliore formula appunto per il trasporto civile fosse appunto quella degli idrovolanti che in caso di malaugurati malfunzionamenti avrebbero potuto disporre di superfici marine e lacustri per ammarare in emergenza vista anche la minore diffusione i quel periodo degli aeroporti terrestri. I primi sette esemplari con gli stessi scafi e i motori Lorraine Dietrich 12DB del secondo prototipo, furono contrassegnati dai nc. 10501-10507, e con marche civili I-ABOR, I-ACNO, I-ADIM. I-AFER, I-AFRO poi AGRO, I-ALTA ed I-AMES; questi velivoli furono costruiti il primo nel 1925 (ed entrò nella flotta della compagnia Aero Espresso Italiana sulla rotta Brindisi-Costantinopoli) , gli altri sei nel 1926. Il problema della scarsa potenza dei motori fu ben presto risolta quando questi vennero sostituiti dagli "Asso 500" realizzati dalla Isotta-Fraschini e che in effetti furono la chiave di volta del successo del velivolo che dal 1926, al comando del capo colllaudatore della SIAI Sandro Passaleva, incominciava a collezionare una serie impressionante di primati mondiali di velocità e distanza. In precedenza, l'S.55 nc. 10509, cui vennero installati i due propulsori italiani da 500 cavalli ciascuno direttamente in fabbrica,battezzato Alcione , venne modificato per un tentativo di volo a tappe da Sesto Calende sino all'Argentina, con una tratta che prevedeva una traversata senza scalo e di 2300 km sull'Atlantico Meridionale. Al comando di Eugenio Casagrande, con una colorazione rossa uniforme su tutte le superfici (studiata per rendere più visibile il velivolo in caso di ammaraggio forzato in mare aperto) l'Alcione con marche civili I-SAAV partì nell'ottobre 1925 ma il raid si dovette interrompere a Casablanca a causa dei danni subiti dal velivolo all'ormeggio presso il porto della stessa città marocchina durante una tempesta il 26.12.1925: il velivolo venne poi recuperato ed entrò in servizio con la 192° sq. della R.A.. Infatti, i responsabili della R.A. rividero la valutazione negativa sull'S.55 e pensarono bene di ordinarne nel 1926 una prima serie di tredici esemplari  (nc. da 10003 a 100015) che differivano dagli esemplari precedenti  per la configurazione dei loro scafi con il tagliamare e il dritto di poppa verticali e le fiancate ed il dorso piatti, nonchè per la presenza su entrambi gli scafi di postazioni difensive sia davanti che dietro.  L'ultimo esemplare del primo lotto di produzione, ovvero la MM.45043 , nc.10015, fu assegnato al colonnello Francesco De Pinedo, ancora per un nuovo  tentativo di attraversare andata e ritorno l'Oceano Atlantico e sorvolare a tappe diversi stati americani. Il velivolo fu battezzato "Santa Maria", gli vennero tolte le installazioni militari e ne fu aumentata la capacità dei serbatoi di benzina che arrivò a 4000 litri.: il 9.2.1927 il raid partì da Elmas e, dopo aver fatto scalo alle Isole del Capo Verde, il "Santa Maria " il 24.2.1927 trasvolò l'Atlantico arrivando in Brasile a Natal, divenendo il primo aereo italiano ad arrivare in volo sul continente americano, sesto aereo in assoluto a compiere questa impresa. Putroppo, dopo esser giunto negli Stati Uniti, il 7.4.1927, mentre era all'ormeggio sul Roosevelt Lake, l'S.55 MM.45043 rimase vittima di un rovinoso incendio scatenato dall'inconscienza di uno spettatore diciassettenne che, dopo essersi acceso una sigaretta, aveva distrattamente buttato un fiammifero ancora ardente in acqua, evidentemente pregna di benzina caduta durante le operazioni di rifornimento di carburante, vicino alll'idro italiano... La SIAI per consentire al colonnelo De Pinedo di terminare il suo volo, inviò via mare un altro S.55 prelevato da una delle squadriglie della R.A. ed appartente al primo dei tre lotti ordinati nel 1927-1929 alla ditta di Sesto Calende, immediatamente successivi alla serie di tredici esemplari già prodotta nel 1926. Gli esemplari di questi tre lotti avevano lo stesso tipo di scafi di quelli costruiti nel 1926 ma erano diversi per i rompitratta inseriti fra i travi di coda che erano diventati dritti mentre prima erano curvilinei : al primo gruppo di 31 velivoli con le Matricole Militari da 40207 a 40237, apparteneva il secondo S.55 assegnato al colonnello De Pinedo che era infatti il nc. 10016. Ribattezzato  "Santa Maria II " , ricevette in fabbrica le stesse modifiche del nc. 10015 e fu trasportato il 30.4.1927 all'idroscalo di Milller Filed in Staten Island, dove venne riscostruito: l'8.5.1927 il volo riprese con un sorvolo di New York per arrivare a Boston. Dopo la traversata da Terranova alle Azzorre, il Santa Maria II, arrivò a Roma il16.6.1927, .  Nel frattempo, gli scafi delle prima serie  erano stati  anche all'S-55 I-SAAV che in questa configurazione  e sempre colorato in rosso, fu acquistato dal brasiliano Joào Ribeiro De Barros per un ulteriore tentativo di volo fra l'Italia e il Brasile. I codici di linea vennero mutati in I-BAUQ , e questo S.55 venne ribattezzato Jahù (il nome della città natale del pilota brasiliano) e riuscì, malgrado varie peripezie,a effettuare un raid, sempre a tappe,  che partito da Sesto Calende il 13.10.1926 , si concluse a Rio de Janeiro soltanto il 1.8.1927 :  lo Jahu fu quindi conservato presso il Museo dell'Aeronautica di San Paolo ed è oggi l'unico S.55 esistente al mondo. Le imprese individuali di Francesco De Pinedo e di Joào Ribeiro De Barros furono precedettero  altri ed anche più impegnative crociere che si sarebbero svolte sia nel Mar Mediterraneo ma soprattutto ancora sorvolando sempre l'Oceano Altantico,  e che diedero una fama planetaria all'S.55  nelle sue versioni successive, tanto da entrare nell'immaginario collettivo italiano e straniero.

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Questo preambolo storico è necessario per meglio inquadrare il kit che finalmente è stato dedicato ad inizio 2019 allo stesso S.55...Infatti malgrado lo stesso idrovolante avesse avuto un ruolo di primo piano nella storia dell'aviazione e non solo di quella italiana,  non è stato mai preso in considerazione dalle ditte modellistiche ad eccezione di due soli kits, uno in scala 1/96 della ITC uscito negli anni 50 e il solo in 1/72 proposto nel 1973 da una ancora oggi misteriosa ditta italiana la Delta. Si dice che la Delta fosse nata ad opera di uno sconosciuto architetto della provincia di Varese e che andò economicamente in rovina per produrre non solo il modello in plastica iniettata dell'S.55X ma anche quelli del Macchi Castoldi MC.72, del Campini Caproni e dell'Aermacchi C.205, tutti usciti intorno agli anni 1972-1973 . Gli alberi dei kit erano accompagnati da un libretto con  foto a volte indedite del soggetto riprodotto dal kit, disegni e profili realizzati dai F.lli Gualdoni di Cunardo (Varese) titolari della Cunardmodel che sempre in quegli anni ebbe a produrre dei kits in plastica short run di MB 326, 326K e 339 tutti in 1/72. Il C.205 (io ne ebbi uno in regalo nel 1977) era ritenuto di gran lunga migliore del coevo Supermodel e sempre in 1/72 , molto mediocri il Campini Caproni e l'S.55 (entrambi inficiati da gravi errori dimensionali), discreto MC.72 . Già durante la seconda metà degli anni settanta la produzione di questi kit andò a cessare del tutto e gli stessi divennero ben  presto dei pezzi ricercatissimi, per questo spesso offerti sul mercatino dell'usato a prezzi stratosferici...Nel 1986 cercai di comprare anche gli altri tre kits Delta che non avevo e trovai un collezionista che mi chiese 100.000 Lire (di allora...!)  per un S.55X . Fortunatamente venni a sapere per tempo che gli stampi della Delta erano stati rinvenuti ed acquistati dal negozio milanese Al Soldatino Modellismo che poi ha reimesso i quattro kits in commercio con la dizione Delta 2 e senza il libretto: ma anche la produzione della Delta 2 è andata progressivamente scemando tanto che gia da decenni questi vetusti kits non sono più reperibili...Se per il C.205 oggi possiamo prendere il kit Italeri, purtroppo la situazione non è molto migliorata per  il Campini Caproni (il modello della Valom è quasi un clone del Delta)  mentre per l'MC -72 ci sono solo kits in resina molto costosi. Nessuno ha mai preso più in considerazione l'S.55, nemmeno la Italeri anche se nel 1968 sui bordi laterali delle scatole del kit in 1/72 del FIAT G.55 proposto dalla Aliplast (poi divenuta nel 1969 Italaerei , ragione sociale che nel 1984 si trasformò in Italeri per facilitarne la pronuncia agli anglofoni...) c'era un programma di kits futuri da realizzare fra cui appunto l'S.55 , un programma che fu ribadito sulle scatole del G.55 sino al 1972 ma che fu parzialmente realizzato e senza mai prendere più in considerazione il famoso idrovolante...La mancanza di un modello ha fatto si che sulle riviste specializzate presenti in edicola negli anni 80-90 come Aerei Modellismo , non è stato mai pubblicato un articolo sull'S.55X che invece è stato oggetto di diversi capitoli sui libri editi negli anni ottanta dalla Edizioni aeronautiche italiane di Firenze (la casa che pubblica JP-4 Aeronautica) e soprattutto sui numeri 41-41 della Monografie Aeronautiche Italiane (editore Claudio Tantagelo Editore) , 1/86 e 2/86 di Aerofan (editore Giorgio Apostolo) , 4/98, 1/99, /99 del Notiziario C.M.P.R.: sui disegni in scala delle prime versioni prodotte in serie dell'S.55, pubblicate su Aerofan e sul Notiziario CMPR, ho condotto quindi l'analisi del kit che nei primi mesi del 2019, la ditta ucraina Dora Wings, ha finalmente dedicato ai primi esemplari di serie del "catamarano alato" e che effettivamente è l'evento modellistico dell'anno in corso per gli appassionati di velivoli italiani. La Dora Wings (  https://dorawings.com/ ) produce modelli di velivoli nelle scala 1/32,1/72 e 1/144: alcuni soggetti della stessa sono ripetuti in tutti e tre i rapporti di riduzione come il Bell P.63 e il Gee Bee Racer ma il suo primo prodotto dedicato ad un velivolo italiano è quello dell'S.55, proposto nelle configurazioni iniziali,ovvero i due Santa Maria e lo Jahu. Il kit, numero di catalogo DW72015, è realizzato in una plastica short run di ottima qualità, accompagnato da due soli pezzi in resina che raffigurano i due motori Asso 500, una lastra di foto incisioni, un foglio decals : i pezzi non presentano ritiri o sbavarre e, quelli in plastica più grossi si distaccano con attenzione dagli alberi di stampa, quelli più piccoli hanno necessità di una maggiore attenzione in quanto la plastica è molto "dolce" e gli elementi filiformi possono facilmente rompersi.

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Le stampate che compongono il kit sono ben dodici: stante la particolare configurazione del velivolo, come detto quasi un "tutto ala", chiaramente le parti più importanti del modello sono quelle delle prime due stampate (contraddistinte dalle lettere A e B) che contengono le semiali divise in quattro pezzi che riproducono benissimo le forme dell'S.55 ma non altrettanto le dimensioni in quanto alla fine , a montaggio ultimato la apertura alare è carente di quattro millimetri che si perdono, due per parte, nella zona di unione con il pianetto centrale del vano piloti; la correzione si potrebbe fare aggiungendo ad esempio dei listelli di plastica ma è dubbio che alla fine lo sforzo fatto per questa miglioria sia effettivamente apprezzabile...Il distacco dei quattro pezzi dagli alberi di stampa va fatto con delicatezza, tenendo cioè sempre in considerazione che si tratta pur sempre di un kit in short run anche se di buon qualità in quanto ci sono dei piccoli perni di riscontro per l'unione delle semiali. L'assemblaggio è  agevolato comunque dal fatto che i due pezzi che riproducono le semiali superiori hanno nella parte di sotto e verso il bordo di uscita , un piccolo gradino dove si deve appoggiare il bordo di uscita di quelle inferiori; purtroppo bisognerà usare lo stucco per fare scomparire i segni dell'unione .

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Da notare che in prossimità dei bordi di entrata delle ali c'è la fine riproduzione della serie di rilievi presenti nella realtà e che invece non ci sono pannellature: è vero che l'S.55 era realizzato in legno ma esaminando le foto storiche si nota che sulle ali delle pannellature c'erano e che le stesse correvano perpendicolari alle ali, un particolare da tenere a mente in fase di costruzione del kit...

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La stampata C riporta due pezzi che raffigurano il pianetto centrale del velivolo , diviso in parte superiore ed inferiore, con la prima dove c'è lo scasso per l'abitacolo piloti che nei primi esemplari era in configurazione aperta e che nei due Santa Maria era diverso dagli esemplari della prima serie di quattordici esemplari; la parte inferiore del pianetto riporta le centine del vano abitacolo e delle guide per l'inserimento dei pezzi che ripoducono i pochi particolari interni del velivolo reale; ci sono poi due longheroni per facilitare il posizionamento delle semialiche però se usati così come sono impediscono alle due parti grandi che raffigurano il pianetto di chiudersi...andranno quindi abbassati in altezza, in particolare quello posteriore.

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Quarta stampata, la D, per i piani di coda: anche questi come il pianetto centrale, riproducono con esattezza le forme e le dimensioni degli stessi particolari del velivolo reale. Le parti fisse dei due timoni verticali esterni hanno un dente per il loro rispettivo inserimento sul painetto che va però ridotto un pò altrimenti le parti in questione non si uniscono; ho usato un filo di stucco per togliere opportunamnete i segni di giunzione.

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Due stampate, la E e la F sono inerenti ai pezzi che riproducono le parti laterali e superiori degli scafi con il tagliamare e il dritto di poppa verticali, le fiancate ed il dorso piatti; ci sono i pezzi alternativi per le differenti aperture sia davanti che dietro sui dorsi degli scafi dei due Santa Maria e dello Jahu in quanto per questo esemplare le stesse aperture erano più piccole e squadrate. Notevole la presenza della riproduzione della centinatura all'interno degli scafi, visibile dall'esterno anche con le aperture più piccole dello Jahu .

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I pezzi del kit della Dora Wings riproducono abbastanza bene queste parti del velivolo, ma le due costolature di rinforzo agli esterni dello scafo vanno  ridimensionate come spessore. Altra differenza fra i due Santa Maria e lo Jahu è la presenza di un terzo oblò sulle due pareti della parte anteriore degli scafi che va ricavato forando con una limetta a coda di topo gli scafi così come indicato dalle istruzioni del kit che però non evidenziano che questo oblò supplementare era di un diametro più grosso rispetto agli altri.

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Due stampate, quelle con la lettera G, sono uguali e portano il pavimento degli scafi, particolari per gli interni degli stessi ma anche dei pezzi che non servono per la costruzione degli esemplari proposti dal kit ; tutte le componeti degli scafi si assemblano con semplicità, ho dovuto usare poco stucco per elimiare i segni di giunzione. I pezzi che raffigurano le pareti verticali degli scafi hanno dei perni di riscontri per il loro inserimento alla parte inferiore del pianetto centrale ma bisogna lavorare un pò con carta abrasiva per curvare di più la zona degli scassi anteriori per raccordare il tutto al meglio senza forzature.

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Il telaio I è dedicato per lo più ai tralicci che sostenevano i piani di coda e i due motori posti in tandem al di sopra della cabina piloti: si tratta delle parti più delicate del modello che vanno distaccate con molta cura dal telaio di stampa per evitare che si rompano. Altrettanta attenzione va posta durante le fasi di assembalggio dele stesse , in particolare del castello dei due motori che in effetti è  la parte più impegnativa della costruzione del kit. C'è poi la riproduzione del radiatore adottato con i motori Isotta Fraschini Asso 500. Uno dei particolari che distingueva le varie versioni iniziali dell'S.55 sono i montanti verticali posti in corrispondenza della bitta di poppa degli scarponi: fino al primo lotto di produzione  dei 13 esemplari (NC. 10003-10015) , compreso quindi anche lo Jahù, erano curvilinei (a "fuso" ) per poi divenire diritti; il kit della Dora Wings propone la configurazione successiva e un piccolo particolare come questo andrebbe comunque tenuto in conto per chi decide di riprodurre ad esempio lo Jahù...

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La stampata J è un mix di particolari vari come ad esempio gli scarichi e il serbatoio dell'olio dei due motori, il timone verticale centrale, le eliche, le paratie laterali dell'abitacolo piloti ,  il doppio comando con la leva a t e con i volantini  ma anche alcuni pezzi come l'elica quadripala per l'S.55A e le mitragliatrici per le due postazioni difensive degli scafi che fanno capire che la Dora Winags ha tutte le intenzioni di proseguire con le versioni successive dello stesso S. 55.

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Il telaio K riporta le parti mobili di ali e timoni, parti che riproducono al millimetro quelle reali.

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L'ultimo telaio riporta i trasparenti: gli oblò si possono omettere usando il Kristal Klear o l'analogo liquido della Toffanol; alcune delle parti trasparenti sono da utilizzare per la chiusura superiore del vano equipaggio : mentre nei Santa Maria davanti ai due piloti c'erano due oblò e due carenature ad ulteriore protezione dei piloti , nello Jahù invece erano tre e senza le postazioni. La scelta della Dora Wings è stata quella di fornire questi particolari con dei pezzi separati che hanno al loro interno le centinature della fusoliera e con gli oblò ma prima  di procedere ad unire  con la parte superiore del pianetto centrale questi pezzi, ritengo sia opportuno forarli appunto in corrispondenza deglii oblò con una lima sottile a coda di topo e con molta attenzione. In questo modo si può stuccare e carteggiare queste chiusure senza preoccuparsi di salvaguardare la limpidezza della riproduzione degli oblò: infatti far sparire i segni della giunzione in questione non sarà affatto semplice e va considerato invece che nella realtà non c'era alcuna soluzione di continuità ...

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Alle componenti in plastica si aggiungono pezzi in resina come le riproduzioni dei due motori Isotta Fraschini , invero ben realizzati e senza ritiri...

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Una lastra sottile di fotoincisioni grande ed una più piccola, riportano altri particolari minori del velivolo, interni come ad esempio i leveraggio del Selettore comandi motore (per montare i quali ci vuole una ottima lente di ingrandimento...) esterne come le bandelle dei travi di coda, le grigie del radiatore, il parabrezza...

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Rimane ancora da esaminare in ultimo il foglio decals allegato al kit: la Dora Wings per i suoi kits collabora con una altra firma ucraina, la Decograph che ha realizzato anche le decals per il kit dell'S.55 che come detto è inerente i due Santa Maria del Marchese De Pinedo e lo Jahu.I colori delle varie decals sono saturi e senza sbavature; il film di sostegno (che fra l'altro non è del tipo unico ) sembra abbastanza trasparente ma solo quando si useranno queste decals si verdà se effettivamente saranno anche adesive o meno ...Le insegne di regime (i due fasci) presenti sul secondo dei due Santa Maria  andranno comunque sostituiti con altri analoghi della Tauromodel di migliore fedeltà storica; al primo Santa Maria, dopo l'arrivo a Buenos Aires, venne applicata sullo scafo destro la coccarda dell'Armada (l'aviazione di marina argentina ) e su quello sinistro lo stemma della medesima capitale, i fasci vennero sostituiti con un tipo più stilizzato mentre sul  foglio decals ci sono quelli del primo tipo. Sul secondo Santa Maria,  venne applicata già in fabbrica, la scritta " Post Fata Resurgo" posta tra i due scafi, nella parte anteriore dell'ala (cfr. pg.30 de SIAI Pagine di storia, Firenze, Edizioni Aeroanutiche Italiane S.R.L., 1982) che non è riportata dal foglio decals dove invece si trovano le riproduzioni delle strisce nere presenti sul dorso delle ali ma  è conveniente invece dipingerle perchè la   posizione delle strisce nere parallele al bordo alare era diversa da quanto indicato dalla Dora Wings che le pone troppo in avanti rispetto alla realta ...Per lo Jahu c'è un errore in ordine alle colorazioni del guidone della SIAI posto sui travi di coda : nelle decalas lo sfondo della croce è stato realizzato in verde mentre era in azzurro come i guidoncini dei Santa Maria (restauro travi di coda Jahu ) ...Sarà difficile ma indispensabile correggerli... Nel foglio ci sono anche i codici di linea per l'Alcione ma come detto ed anche evidenziato dalla stessa Dora Wings, la configurazione degli scafi era notevolmente differente.  Le istruzioni del kit non evidenziano i pezzi che non sono utili alla riproduzione dei velivoli proposti ma nell'insieme anche loro possono andare; per la riproduzione della colorazione delle superfici esterne c'è da dire che la maggior parte degli S.55 era finita in una tinta metallica , un alluminio che con il tempo perdeva la sua luncentezza e la sua uniformità (l'aereo era pur sempre un irdovolante) , mentre la parte immersa degl iscafi era in nero opaco: le istruzioni della Dora Wings indicano le tinte Gunzee Sangyo ma non specificano bene quale di queste va usato per l'alluminata in questione...Lo Jahù invece era in rosso ma non in un tonalità così accesa come quella dei successivi idrocorsa della Aermacchi ma più virata sul marrone... Alla fine l'impressione che si trae da un primo esame è che si ha a che fare con un kit  adeguato, pure perchè alla sua realizzazione ha concorso Marino de Bortoli , un modellista dell'IPMS Italy fra i più documentati nel campo aeronautico italiano, ma va sempre evidenziato che si tratta pur sempre di una produzione di una piccola firma; va pure tenuto conto la configurazione del velivolo reale, con i suoi travi di coda e i sostegni dei motori, un fatto che richiede comunque una attenta gestione dei pezzi in scale . Con poche accortezze e correzioni si può finalmente realizzare un degno modello in scala 1/72 del più famoso "catamarano alato" di tutti i tempi, il leggendario ed iconico S.55 e dobbiamo quidi solo dire grazie Dora Wings e... продовжувати цей Євген!

Gabriele Luciani 



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