Carro armato P. 40 - Scuola Truppe Corazzate dell’Esercito Italiano – Caserta 1947 Da kit Italeri scala 1/35 - cat. No. 6599

p.40 La "chimera del Regio Esercito": così venne definito il carro P.26/40 dai famosi esperti Bruno Benvenuti ed Andrea Curami  in un loro pregevole articolo apparso sul numero di marzo 1994 del prestigioso periodico Storia Militare, con riferimento alla lunga ed inutile attesa di questo carro...Arrivato alla produzione solo alla vigilia dell'armistizio del settembre 1943, fu impiegato per lo più da formazioni tedesche e non si sa come, dopo la seconda guerra mondiale, un P.26/40 finì a Caserta presso la ricostituita  Scuola di Carrismo dell'E.I. : con il kit Italeri in scala 1/35 di nuovo tornato disponibile, vediamo come riprodurre questo specifico esemplare .

Modello, foto e testo di Gabriele Luciani

L’apparato produttivo italiano di fine anni trenta non era per nulla paragonabile a quello del Terzo Reich o a quello inglese, per non parlare di quello statunitense che già raggiungeva all'epoca livelli impressionanti. Questa situazione era dovuta non solo alla costante scarsità di materie prime ma anche a tutta una serie di fattori, prima fra tutte l’incapacità delle classi dominanti all’epoca: in campo militare inoltre, le varie avventure belliche intraprese dal regime fascista e l’erronea interpretazione degli esiti positivi delle stesse, avevano acuito l’impreparazione delle forze armate italiane le cui dotazioni erano sempre meno adeguate al confronto con quelle delle altre nazioni.

La meccanizzazione del Regio Esercito in particolare poi,  alla vigilia della seconda guerra mondiale, era ancora insufficiente e i pochi carri armati in dotazione erano per lo più i piccoli Carri Veloci delle varie serie (adatti al più solo ad un uso contro la fanteria) e il FIAT 3000 (un derivato italiano del Renault FT.17 nato in Francia durante la prima guerra mondiale), già in servizio dagli anni 30. Anche i vertici dello Stato Maggiore del R.E. si resero conto che questi mezzi erano oramai del tutto sorpassati e chiesero all’Ansaldo, che in effetti riuscì ad essere sempre l’unica principale fornitrice di carri armati del R.E. sino al 1943, di produrre qualcosa di più pesante e meglio armato: il risultato fu l’M 11/39 (la sigla significa carro medio da 11 tonnellate prodotto nel 1939) un controverso carro armato con l’armamento principale (il cannone da 47/32) in casamatta. I primi M 11/39 arrivarono ai reparti solamente nel maggio del 1940; la produzione venne presto abbandonata in favore dell’M 13/40 che conservando il cannone da 47/32 spostava quest’arma in una torretta girevole per 360°: fu con questo carro e successivamente con i derivati M 14/41 ed m 15/42, nonchè con i semoventi sviluppati sui loro scafi, che venne costituita la maggior parte dei reparti corazzati italiani. Anche i carri M erano mezzi ancora abbastanza leggeri e non risolvevano del tutto il problema, tanto che fin dal 1938 si pensava alla realizzazione di un carro definito “pesante” ma malgrado questi intendimenti, la concreta realizzazione di questo disegno non fu affatto lineare ed immediata: solo dopo diverse progettazioni a volte in contraddizione fra loro, nel novembre del 1941 l’Ansaldo propose finalmente un carro armato che sembrava un mero ingrandimento del precedente M e con un motore, un diesel FIAT  da 330 cv, che palesava dei seri problemi di messa a punto mai risolti del tutto forse a causa della sua insufficiente lubrificazione.

 

Per quanto strano possa sembrare, fu la possibilità di esaminare un T 34 russo catturato dai tedeschi e portato in Italia, a convincere i progettisti dell’Ansaldo a modificare profondamente il carro pesante realizzando nel luglio del 1942 un nuovo modello che sarà poi il definitivo P 40 (la sigla testimoniava la speranza che il 1940 doveva vedere l’entrata in servizio del carro in questione…) ma sempre con il medesimo motore FIAT (l’intenzione di usare un propulsore tedesco si scontrò con gli interessi industriali del gruppo Ansaldo-FIAT, vedi Lucio Ceva e Andrea Curami, La Meccanizzazione dell’Esercito Italiano fino al 1943 tomo I pagg. 380 e segg., edito dall’Ufficio Storico dell’E.I.) armato con un cannone da 75/34 ed una mitragliatrice coassiale cal. 8 mm. Testato favorevolmente nell’agosto del 1942 il prototipo del P.40, ne venne decisa la produzione in serie per la fine sempre del 1942: i bombardamenti alleati e ulteriori modifiche di dettaglio posticiparono al giugno del 1943 la costruzione dei primi P.40 tanto che all’8.9.1943 sembra che solo cinque esemplari  siano stati effettivamente prodotti ma mai consegnati al Regio Esercito venendo confiscati dai tedeschi (Bruno Benvenuti- Andrea Curami “La chimera del RegioEsercito:il carro P.40” Storia Militare 6-1994). Questi ultimi   ritennero opportuno autorizzare la produzione del P.40 non tanto per la bontà del carro  ma anche per tenere in qualche modo occupate e quindi tranquille le maestranze operaie italiane, un metodo impiegato per molte altre produzioni belliche sia in Italia che in altri paesi occupati dai tedeschi) .

Le fonti sono concordi nel ritenere che la produzione   totale di P.40, realizzati durante il 1944 ed il 1945, sia stata di 101 esemplari, di cui solo 61 completi di motore e che mai venne impiegato sui P.40 il motore tedesco Maybach HL 120 ma sempre e solo con il motore FIAT- SPA “342” V 12 diesel; gli scafi senza motore furono usati come fortini interrati sulla linea Gotica gli altri completi furono distribuiti (fonte Guido Ronconi “Il P.40 dopo l’armistizio” - Storia Militare agosto 2000) per lo più a tre compagnie corazzate tedesche, ovvero la 10° Polizei-Panzer –Kompanie di base nel 1945 a Verona (15 carri mai impiegati in combattimento e poi consegnati agli americani a Bolzano il 6.5.1945), alla 15°  Polizei-Panzer –Kompanie di base sempre nel 1945 a  Novara (i cui 13 P.40, usati sporadicamente poco tempo prima contro formazioni partigiane, vennero lasciati intatti agli stessi partigiani sempre a Novara nel maggio del 1945), alla Panzerkompanie della 24 Waffen-Gerbis Brigade der SS Karstjager presente nell’estate del 1944 in Friuli al confine slavo  (20-22 esemplari che furono usati non solo contro i partigiani nel gennaio del 1945 ma durante la ritirata in Austria anche negli ultimi giorni di guerra vicino il fiume Torre in un breve scontro contro la 6° Armoured Division in cui furono persi due P.40; le foto che mostrano i P.40 in Austria sono relative a mezzi di questo reparto); 5 P.40 erano a disposizione del Panzer Ausbildung-Abteilung-Sud at Lonigo, una unità d’addestramento per i soldati tedeschi destinati all’impiego di mezzi corazzati italiani (fonte: Guido Ronconi, “…come il diamante: i carristi italiani 1943-45” Ed. Laran; sembra fossero i carri catturati all’atto dell’armistizio); altri mezzi erano a disposizione dell’ Hochster SS und Polizeifuhrer Italien e due ancorain Germania presso l’Heesswaffenant (uno nell’ottobre del 1943 venne mostrato ad Hilter) . Il Gruppo Corazzato del "Leoncello" (13) dell' Esercito Nazionale Repubblicano nel mese di aprile 1945 ebbe in dotazione anche due carri P26/40 appena costruiti dalla ditta Vanzetti e che vennero usati a difesa della prefettura di Milano negli ultimi giorni di guerra ma sembra altamente probabile che altro qualche esemplare sia stato  utilizzato da altri reparti corazzati dell’E.N.R.: fonti tedesche riportate nell’articolo di Guido Ronconi riferiscono che i P.40 in servizio con la 24 Waffen-Gerbis Brigade der SS Karstjager provenivano da un reparto della R.S.I. di stanza a Palmanova in Friuli: in questa zona era operativo il Gr.Sq.Cor. “San Giusto” ma ad oggi non si ha alcuna conferma della dotazione di P.40 al reparto italiano. Nell’aprile del 1945, a Milano un P.40 del Leoncello venne catturato da partigiani che ebbero anche il tempo di verniciare sulla piastra frontale del carro a fianco dello sportello del pilota una falce e martello presumibilmente di colore rosso: lo stesso carro venne fotografato in via Marina almeno due volte e queste immagini vennero pubblicate una sul numero 6-1994 di Storia Militare e l’altra sul numero 10-1994 dello stesso periodico in risposta ad una mia lettera che chiedeva delucidazioni sulla asserita precedente proprietà da parte di un reparto della R.S.I. di questo carro ; sempre questo carro appare per pochi secondi in un filmato di fonte partigiana , ripreso sempre a Milano durante una folle corsa su uno dei viali della città dopo il 25.4.1945.  Tutti i resoconti tedeschi sull’impiego del P.40 riferiscono sempre e comunque delle gravi difficoltà nell’uso di questo carro dovute alla scarsa affidabilità tecnica, di un mezzo paragonabile al Panzer IV nel 1944 ormai passato da altri tipi più potenti, il migliore comunque fra tutte le prede belliche ed ottimo nelle operazioni anti guerriglia.

P.40 cASERTA

 Il P.40 della scuola di Carrismo dell'E.I. a Caserta a fine anni quaranta

Dopo la fine della guerra, nel 1948, presso lo stabilimento Ansaldo-Fossati, insieme ad altri mezzi di progettazione nazionale, erano giacenti 18 scafi di P.40 (fonte: Nicola Pignato – Filippo Cappellano, Gli Autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano Vol.III° -1945-1955- Ed. Ufficio Storico - S.M.E. pag. 127) in precedenza ordinati dai tedeschi e che purtroppo non si ritenne opportuno di completare per l’Esercito Italiano…Solo un esemplare, la cui provenienza è del tutto dubbia, venne organicamente preso in carico dall’Esercito Italiano, utilizzato insieme ad un semovente su scafo M, presso la ricostituita (1947) Scuola di Carrismo presso Caserta. In questa struttura il P.40 oltre a ricevere due targhe regolamentari dell’E.I. venne riverniciato con uno schema di macchie a due colori su un fondo più scuro e fu oggetto di un servizio fotografico di almeno otto scatti, purtroppo mai edite tutte insieme: due foto vennero pubblicate sul primo volume edito in Italia espressamente dedicato ai corazzati italiani, ovvero la monografia di Benedetto Pafi-Cesare Falessi – Goffredo Fiore, “Corazzati Italiani 1939-45”, D’Anna Editore Roma, 1968. Altre quattro foto, pubblicate in un modo molto più chiaro (in effetti si vedono bene anche le targhe ed i loro numeri, ovvero E.I. 404904) sono state  in una monografia del Prof. Nicola Pignato ( I Mezzi Blindo-Corazzati Italiani 1923-1943, ed. Storia Militare). In precedenza, Benedetto Pafi e Cesare Falessi in una loro opera edita nel 1976 da Intyrama, Mezzi da combattimento dell’esercito italiano dal 1939 al 1945 pubblicarono foto dello stesso P. 40 e di altri corazzati italiani, utilizzati come monumenti, all’interno della caserma del c.do della Scuola di Caserta. Il P.40 nel 1949  venne appunto posto come monumento e venne ritargato ma anche riverniciato(fonte Nicola Pignato op. cit. dove c’è anche una foto del carro oramai monumento e ritargato E.I. 101904). Nella seconda opera citata di  Benedetto Pafi e Cesare Falessi ci sono tre foto del P.40 – monumento, di cui una a colori: da queste e dalle analoghe degli altri mezzi utilizzati come monumenti a Caserta si evidenzia che i carri purtroppo, oltre ad essere mezzi all’aperto e sotto gli alberi vennero riverniciati con mimetiche a macchie di due colori (verde e marroni) su giallo sabbia, mimetizzazione che si estendeva anche agli elementi in gomma delle ruote dei cingoli ! Alla fine degli 70 probabilmente, il P. 40  e  gli altri vennero ulteriormente riverniciati in un giallo sabbia uniforme rimanendo così ì sino al 1988 quando (vedi Panorama Difesa luglio 1990) il c.te della Scuola di Caserta, il gen. Terrullo, decise di far restaurare il P.40 dalla Officina Speciale della Scuola: le operazioni durate almeno un anno, riguardarono anche il motore originale che però (se non funzionava all’epoca figuriamoci dopo 40 anni di fermo!) venne sostituito da un motore FIAT da 190 cv, ma i risultati di questo “restauro” (le virgolette sono d’obbligo…) se consentirono al carro di tornare a muoversi non furono affatto lusinghieri per quanto riguarda la colorazione esterna che aveva le macchie troppo grandi rispetto a quelle realmente applicate al mezzo sia in fabbrica che a quelle dello stesso esemplare nel 1947. Del tutto erronea ed anti storica, l’applicazione in torretta di due scudetti della scuola: c’è da chiedersi il perché di tali aggiunte o per quale motivo i “restauratori” non ritennero opportuno rivolgersi ad esperti come il Prof. Pignato o il ten.col. Cappellano, o avere l’intelligenza di consultare le associazioni nazionali di modellisti che certo li avrebbero messi in condizioni quanto meno di non realizzare certi obbrobri tecnico-storici…Errori che vennero perpetrati nuovamente, e non solo sul P.40, quando la Scuola nel corso del 1991 venne trasferita a Lecce, portando nel capoluogo salentino anche i mezzi storici conservati a Caserta.  A quanto ebbe a riferirmi l’allora M.llo F.Carr. Amerio Febbraro (vedi il mio articolo su Storia Militare luglio 1995) il P. 40 venne smontato a Caserta e rimontato a Lecce, dove venne portato anche il suo motore originale: molto probabilmente è in questa occasione che il carro venne riverniciato una ennesima volta ed in un modo ancor più irrealistico, con l’applicazione di una targa del R.E. del tutto irrealistica…Durante questa mia visita autorizzata del 1995 ebbi modo di visionare da vicino questo P.40, anche entrandoci dentro e di rilevare che questo mezzo aveva diverse punzonature con incisi sulla ruota motrice sinistra i numeri 23795, sul copri cambio differenziale i numeri 100/102 e le lettere ALC, sulla feritoia del pilota i numeri 2-11, sul maniglione anteriore i numeri 40072 . Malgrado avessi riportato questi numeri sul mio articolo sul citato numero di Storia Militare, nessuno riuscì ad identificare la provenienza di questo carro…Il P.40 venne più volte utilizzato nel corso di giuramenti solenni nonché durante un raduno dell’Arma dei Carristi che si tenne a Lecce nel 1993, spostandosi sempre in modo autonomo e tenuto al coperto insieme agli altri corazzati italiani prodotti negli anni ’40 sotto un capannone della caserma sede del c.do della scuola che qualche anno dopo divenne Scuola di Cavalleria. Purtroppo, nella primavera del 2005 poco prima del raduno dell’arma di Cavalleria, l’allora c.te della Scuola, il gen. Vladimiro Alexich, decise di radunare  ed utilizzare  nuovamente come monumenti, tenuti ancora all’aperto e sotto gli alberi, il parco veicoli storici della scuola compreso il P.40 che così è tenuto ancora… Ai giorni nostri è sopravvissuto un altro P.40 anche lui dalla misteriosa provenienza: è un esemplare incompleto e senza il suo motore, con il cannone avente matricola 64033 ed il numero 40054 presso i maniglioni (fonte Nicola Pignato – Filippo Cappellano, Gli Autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano Vol.II° -1940-1945- Ed. Ufficio Storico - S.M.E. pag. 289) oggi tenuto a Roma presso il Museo della Motorizzazione dell’E.I. alla Cecchignola: le sue attuali condizioni sono certo molto migliori di quelle in cui versava quando fu fotografato negli anni 60 ( vedi Benedetto Pafi – Cesare Falessi – Goffredo Fiore, Corazzati Italiani 1939-45, ed. D’anna – Roma 1968), in quanto è stato posto al coperto dopo essere stato ridipinto in un verde oliva scuro. La mancanza del motore, delle marmitte, del copri ruota motrice destra con la scritta FIAT Ansaldo e di altri particolari esterni potrebbe far pensare ad un carro destinato ad essere utilizzato come fortino ma potrebbe essere anche uno dei citati 18 P.40 incompleti e presenti nel 1948 preso lo stabilimento fossati all’Ansaldo…

Prima del 1994 chi voleva realizzare un P. 40 nella scala regina del modellismo “terrestre” ovvero la 1/35, doveva procedere alla autocostruzione come spiegato dal Prof. Pignato nel suo articolo sul Notiziario IPMS Italy 2-1984 (n.b. il trittico del carro è in 1/32 e non in 1/35 come scritto). I due P.40 sopravvissuti sono stati utilizzati appunto nella metà degli anni 90 dalla Cri.El.Model : a questa realizzazione ho contribuito in parte anche io con le foto che ebbi modo di scattare all’esemplare conservato a Lecce: ricordo ancora quando Maurizio Bartoli, il compianto titolare della ditta romana, mi raggiungeva telefonicamente pregandomi di fotografare in particolare e nel modo più ravvicinato possibile le lettere FIAT ANSALDO presenti sulle ruote motrici del carro. L’annuncio ad inizio 2009 da parte di Italeri di un suo modello del P.40  ha naturalmente bruciato del tutto il mercato al kit della Cri.El.Model che, se non altro da un punto di vista strettamente commerciale, non può reggere certamente il confronto con un prodotto industriale in plastica in inettata. La ditta bolognese che ha recentemente reimmesso il suo P.40 nel mercato  e per tutti gli italianofili è certo una ghiottoneria da non lasciarsi sfuggire anche se molti come lo scrivente avevano già montato il kit della Cri.El.Model raffigurando uno dei due carri del "Leoncello": il problema che può sorgere in tale situazione è quale altro esemplare italiano si può riprodurre ? ad eccezione del prototipo (un po’ diverso da quelli di serie in quanto aveva due portelli sul soffitto della torretta e a volte dei parasabbia con delle costolature a forma di x) in un giallo sabbia chiaro, cosa altro c’è ? ma il P.40 dell’Esercito Italiano a Caserta nel 1947 , opzione che oggi è possibile grazie anche al fatto che nel foglio decals della riedizione del kit Italeri sono state aggiunte le due targhe per il carro dell'E.I. .

P.40

La prima delle quattro stampate, contraddistinta dalla lettera A, è quella relativa principalmente alle pareti della parte bassa dello scafo del carro e di alcune di quelle relative al vano equipaggio : non ci sono “indecisioni” nei vari pezzi come segni di estrattori di stampa o sbavature, anche se si deve però prestare attenzione al distacco di alcuni pezzi come i nn. 2 e 3 relativi alle pareti laterali dello scafo, in quanto i punti di contatto fra queste parti ed il telaio di stampa sembrano non avere soluzioni di continuità. Mentre le superfici che rimarranno all’esterno hanno presenti le bullonature del carro, quelle rivolte all’interno sono del tutto lisce non essendo prevista la riproduzione degl’interni sia per il vano equipaggio che per quello motore da parte di questo kit. Attenzione poi al telaio di questa stampata in quanto sullo stesso c’è un evidente rigonfiamento che dovrà servire per modellare gli scudi delle marmitte che sono riprodotti con parti foto incise.

La stampata B è presente in due esemplari ed è relativa al treno di rotolamento con alcuni cingoli,

quelli che dovranno poi essere posti sulle ruote motrici e su quelle di rinvio, separati maglia per maglia.

 

Molti dei pezzi richiamano alla mente quelli analoghi e comunque di buona qualità dei kits sempre Italeri dell’M 13/40 (rectius M 14/41) e del 75/18 su scafo M 41 (idem c.s.)  come i “galletti” di ritegno di un contenitore esterno, mentre altri come la maggior parte delle sospensioni sembrano quelli degli altri kits Italeri ingranditi, in pratica lo stesso percorso effettuato dai tecnici dell’Ansaldo…La ruota motrice presenta le lettere FIAT ANSALDO ma le stesse oltre ad avere la N stampata alla rovescia, sembrano un pochino troppo basse mentre nella realtà erano ben evidenti…se il primo problema si può risolvere con un poco di sforzo per l’altro è veramente difficile porvi rimedio…

Anche in questo caso si deve porre attenzione al telaio della stampata in quanto su alcuni bordi dello stesso sono riportati alcuni bulloni suppletivi che possono rivelarsi molto utili se durante la fase di carteggiatura del kit qualcheduno già presente sul modello “salti”; anche se non utilizzati gli stessi bulloni in più torneranno utili ad esempio in caso di qualche auto costruzione senza ricorrere a sets suppletivi in resina…

L’ultima stampata è il completamento della prima per quanto riguarda lo scafo e poi vi sono i pezzi per la torretta: anche per questa non ci sono parti per l’interno e le pareti interne sono sempre lisce malgrado lo sportello (così come quello del pilota) sia fornito come pezzo a parte.

Fra i pezzi ci sono anche quelli che riproducono il cannone anche se nel kit è presente la riproduzione dello stesso con un pezzo unico in metallo bianco di gran lunga preferibile alle analoghe parti in plastica. La lastra di foto incisioni, oltre agli scudi delle marmitte, è relativa ai porta taniche esterni, ai sostegni anteriori dei parafanghi, al porta targa posteriore, alle staffe degli attrezzi da zappatore: mentre in precedenza Italeri usava uno spessore delle lastre di foto incisioni tale che le stesse erano abbastanza rigide (e per me questa era una qualità) nel kit del P.40 le foto incisioni sono invece un po’ troppo sottili, basta maneggiarle una volta che si piegano subito…

Il piccolo foglio decals che completa il kit è relativo ad esemplari di due delle compagnie tedesche che hanno utilizzato il carro, come già detto due della Panzerkompanie della 24 Waffen-Gerbis Brigade der SS Karstjager ed uno della 15°  Polizei-Panzer –Kompanie con il numero 26 che al contrario di quanto suggerito dal foglio decals sembra essere di colore rosso bordato di bianco. Un altro esemplare suggerito dall’Italeri è un P.40 ancora presso gli stabilimenti della Ansaldo ed in un uniforme verde oliva scuro. Gli schemi mimetici suggeriti dal  foglio istruzioni per gli esemplari tedeschi sono difformi fra loro mentre in realtà lo schema utilizzato sul P.40 è quello di fabbrica con macchie di forma abbastanza circolare  di verde medio e bruno rossiccio su giallo sabbia scuro , basta vedere le foto del mezzo in mani tedesche . Comunque per riprodurre modellisticamente le tinte in questione credo siano abbastanza idonei gli smalti Humbrol 94 per il giallo sabbia, il 149 per il verde e il 107 per il bruno rossiccio. Una bella aggiunta come detto le targhe per l'esemplare di Caserta la cui mimetica era alquanto differente da quella degli esemplari usati in guerra.

C’è poco da dire sulla costruzione di questo modello: tutto si svolge senza nessun tipo di intoppo particolare e i pezzi si assemblano fra loro abbastanza tranquillamente usando ridottissime quantità di stucco, prestando però la massima attenzione alla bullonatura delle parti interessate alla carteggiatura dello stucco: ad esempio subito dopo la parete posteriore del vano equipaggio e la parte limitrofa del soffitto del vano motore.

Uno dei pochi punti che meritano maggiore attenzione è la realizzazione delle scudature delle marmitte: queste sono riprodotte con due delle foto incisioni che vanno…arrotolate (!) intorno all’apposito rigonfiamento presente come già evidenziato su uno dei tralicci di stampa…un metodo forse non troppo ortodosso ma abbastanza efficace alla fine !

L’unione dei pezzi che riproducono le piastre laterali della torretta fra loro e con il relativo soffitto richiede necessita di una maggiore attenzione e un po’ di stucco: nella fase di carteggiatura della zona posteriore del soffitto purtroppo non sono riuscito ad evitare di “perdere” alcuni bulloni che proprio grazie a quelli “suppletivi” presenti sugli alberi esterni di alcune delle stampate ho potuto reintegrare.

Un altro punto che necessita di attenzione (ovvero di alcune aggiunte di poco stucco) è la giunzione della piastra anteriore del vano equipaggio con quella frontale.

Si tratta in buona sostanza di piccoli interventi in un generale contesto in cui la costruzione del modello prosegue come detto senza intoppi se non per le foto incisioni che riproducono i porta taniche esterni: le istruzioni non indicano chiaramente come piegarle e capire come farlo è un po’ ostico…

Anche l’assemblaggio dei cingoli non è un problema, tenuto conto poi del fatto che volendo si può anche evitare di utilizzare tutte le maglie del kit: i P.40 veri avevano sempre i “grembiuli” laterali che praticamente nascondono del tutto quella parte di cingoli che rimane dietro gli stessi grembiuli…Per i vetri dei fari anteriori ho preferito ricorrere al Sintaglass della Toffanol.

Assemblato come da scatola il kit cattura pienamente le forme e le dimensioni del mezzo reale: basta prendere i disegni in 1/50 del P.40 pubblicati sulla monografia “Gli Autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano Volume secondo (1940-1945) di Nicola Pignato e Filippo Cappellano edita dall’Ufficio Storico dell’E.I. , fotocopiare gli stessi ingrandendoli del 143 % per portarli alla scala 1/35 e posare il modello assemblato per constatare che gli scarti con i trittici in questione sono quasi del tutto inesistenti o comunque trascurabili…

Terminata la costruzione, ho ritenuto opportuno di passare comunque una mano di fondo con il grigio chiaro a smalto della Testors, non tanto per evidenziare problematiche inerenti le minime stuccature effettuate ma per uniformare le superfici dei tre materiali impiegati dal kit ovvero plastica, metallo bianco ed ottone. La scelta dell’esemplare da riprodurre con questo bel modello Italeri, ovvero il P.40 recuperato dall’E.I. nei primi anni del dopo guerra e utilizzato presso la Scuola Truppe corazzate di Caserta, è stata condizionata dall’aver già riprodotto, con il precedente kit in 1/35 della Cri.El.Model uno dei due esemplari sicuramente usati da militari italiani, ovvero il mezzo catturato a Milano dai partigiani nell’aprile 1945 e che in precedenza doveva essere appartenuto al Gr. Sq.Cor. del “Leoncello” (vedi la prima parte di questo articolo). La foto del P. 40 dell’E.I. (quelle molto chiare pubblicate dal prof. Pignato sulla sua monografia “I Mezzi Blindo-Corazzati Italiani 1923-1943”, ed. Storia Militare ) asseverano che la colorazione esterna del mezzo non era quella del tempo di guerra ed era abbastanza diversa per quanto riguardo lo schema che comunque sembra essere sempre di tre colori: il mezzo quindi è stato ridipinto forse con colori probabilmente simili a quelli dello schema dei mezzi del Regio Esercito del 1943.

Il giallo comunque mi è sembrato abbastanza chiaro tanto da richiamarmi una tinta simile all’Humbrol 93 che ho steso su tutto il modello, per poi passare le macchie di verde (Humbrol 149) e di bruno rossiccio (Humbrol 107 ).

Le ruote del treno di rotolamento sono in grigio scuro opaco mentre le maglie dei cingoli in alluminio opaco.

Pochissimo invecchiamento per riprodurre lo stato di un mezzo da poco ridipinto e comunque non tanto vissuto come gli altri mezzi in uso nello stesso periodo nella scuola (certo più utilizzati stante la loro maggiore efficienza rispetto al motore del P.40!) , solo qualche passaggio di alluminio sulle zone sottoposte al passaggio del personale e alcune sotto lo scafo, e nulla di più…

Le uniche insegne visibili erano le targhe apposte al mezzo: i numeri della stessa erano E.I. 404904 come indicato dal Prof. Pignato nella sua seconda opera citata. Quella posteriore era apposta sulla cassetta esterna di sinistra.

Quella anteriore era posta al centro della piastra frontale

 

Concludendo mi sento di affermare che costruire questo kit Italeri mi ha sinceramente appagato: mi sono divertito riscoprendo la vera essenza del modellismo statico, ovvero l’insieme di preventiva ricerca e studio delle fonti storiche e dell’assemblaggio del modello, il tutto senza eccessivi parossismi ma con uno spensierato entusiasmo  !  

 

Gabriele Luciani

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